‘Nessun orrore è comparabile ai campi di sterminio’. Aharon Appelfeld, tra gli ultimi grandi testimoni viventi della Shoah, lo ha mostrato nei suoi libri e lo ribadisce anche di fronte alle atrocità a cui assistiamo quotidianamente: ‘I campi di concentramento sono stati un omicidio organizzato, un assassinio industrializzato, un terribile veicolo per lo sterminio del popolo ebraico. Sono stati una colonia penale senza pietà. Naturalmente ciò che sta accadendo in Siria, in Sudan, in altri angoli dell’universo sono terribili orrori, ma non sono campi di concentramento. E’ incomparabile’, dice lo scrittore del quale arriva in libreria per il Giorno della Memoria, ‘Il partigiano Edmond’, pubblicato da Guanda nella traduzione di Elena Loewenthal. Deportato con il padre in un campo di concentramento in Transnistria dal quale è riuscito a fuggire, durante la seconda guerra mondiale, nascondendosi nella foresta ucraina, Appelfeld, 85 anni, dà voce a quell’esperienza raccontando le avventure di Edmond che a 17 anni scappa da un campo di sterminio e si unisce a una banda di partigiani ebrei capeggiati dal carismatico Kamil. ‘Tutto quello che ho scritto è parte della mia esperienza. Durante la seconda guerra mondiale, ho passato due anni nella foresta. Avevo nove anni e sono stato rapito da una banda di criminali ucraini. Ho cambiato alcuni nomi e luoghi, ho spostato le cose nel tempo e nello spazio, ma tutto nasce dalla mia esperienza’, spiega lo scrittore che invita a guardare anche all’importanza della solidarietà e per il quale la foresta è stata una scuola di vita.
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