“La Chiesa paga l’Ici”. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, in un’intervista al Corriere della sera fa chiarezza sulla questione dell’Ici e la Chiesa. Il capo dei vescovi italiani rinvia al mittente le critiche sulle esenzioni di cui gode la Chiesa, si dice disponibile al confronto e a fare sacrifici. E ribadisce che la Chiesa non è un business. “La Chiesa paga l’Ici! Occorre dirlo visto che si parte sempre dall’assunto contrario – afferma Bagnasco – Le tasse non sono un optional. Detto questo, l’esenzione dall’Ici per talune categorie di enti e di attività non è un privilegio. E’ il riconoscimento del valore sociale dell’attività che viene esentata e non riguarda solo la Chiesa ma anche altre confessioni religiose e una miriade di realtà non profit. Si tratta di chiedersi se il mondo della solidarietà debba essere tassato al pari di quello del business”.
Il presidente della Cei apre alla possibilità di una valutazione della situazione e si dice disponibile a “valutare la chiarezza delle formule normative vigenti”. Ma non ci sta a far passare i ‘ministri’ della Chiesa come membri di una Casta. E illustra gli stipendi dei religiosi. “Ho letto e ho sentito dire in tv che la Chiesa riceve un miliardo di euro e spende 350 milioni per gli stipendi ‘il resto è la cresta dei vescovi”. Ma non è così, dice Bagnasco. “Lo stipendio di un giovane sacerdote è di 800 euro. Quello di un parroco intorno ai 1.000 – puntualizza il presidente della Cei – Quello di un vescovo 1.300. I restanti 650 milioni sono spesi per la Caritas, per i beni culturali, per il Terzo Mondo. Una quota è riservata alle vittime di calamità naturali; ad esempio abbiamo speso un milione per gli alluvionati in Liguria. Ed è tutto pubblicato su Internet. Tutto trasparente”.