Il 17 febbraio del 1992, nella cittadina olandese di Maastricht, venne firmato il Trattato sui criteri di ammissione alla Comunità europea, vincolanti nell’unione monetaria.I membri sottoscrittori solo 12, tedeschi ed olandesi molto riottosi sulla prospettiva di una moneta unica, imposero regole ferree per il timore di dover condividere, in futuro, i debiti degli altri stati membri.Questi accordi sono stati via via modificati ed integrati, ma i parametri base, rigidità e rispetto di regole ferree, sono rimaste nel lessico quotidiano dei Paesi del Nord Europa.Allora l’inflazione al rialzo veniva vista come un male da evitare a tutti i costi e così i tassi d’interesse delle valute nazionali. Erano altri tempi, scanditi da situazioni contingenti diverse, si era al secolo scorso.Oggi le cose sono cambiate e sorge spontanea la domanda se quell’impianto, già di per sé poco coerente e fragile sia ancora attuale. Romano Prodi quando era Presidente della Commissione europea, definì il patto di stabilità “stupido ma necessario”, ma la sua applicazione doveva avvenire in modo intelligente e flessibile, e governato da un’autorità che ancora oggi non c’è.Nel suo impianto originale, il Trattato, era denso di incognite e di contraddizioni. L’ambiguità di chi si sentiva costretto all’adesione si scontrava con l’ambizione di chi voleva essere escluso con l’illusione che con un vincolo esterno avrebbe cambiato la politica e le abitudini del Paese.Queste contraddizioni, a distanza di anni, resistono anche si sono manifestate sotto altre forme.E’ caduta l’illusione secondo cui attraverso l’unione monetaria si sarebbe parallelamente giunti a quella politica.L’anno appena trascorso è stato,per l’effetto Brexit,sicuramente il più difficile per l’UE quello che è in corso è ricco di incognite per i numerosi appuntamenti elettorali di alcuni dei suoi stati membri più importanti.In Italia non sappiamo quando voteremo, sarebbe meglio alla scadenza naturale, quindi tra un anno esatto, magari con una legge elettorale armonica che permetta di governare il Paese.Oggi l’Europa è terreno di scontro tra populisti ed esponenti della maggioranza che gli si oppongono usando gli stessi toni forti.La domanda ricorrente ‘Maastricht ha fatto il suo tempo? Il dibattito è aperto. Certo dopo la crisi del 2007 le divergenze tra le economie dei singoli stati dell’UE sono aumentate.Renderle armoniche sembra una missione impossibile.Le rigidità possono avere effetti recessivi.La domanda di investimenti è debole.La Merkel riparla di Europa a due velocità.In queste condizioni, per rispondere ai sostenitori degli stati sovrani liberi dai vincoli di Bruxelles, è immaginabile che come d’incanto ci diamo alle spese folli, come è stato fino a vent’anni fa, magari mascherandole come investimenti inevitabili? Emettendo titoli di stato a iosa? A fermarci anche se non ci saranno i vincoli di Bruxelles ci penserebbero i mercati finanziari che ci precipiterebbero nel baratro e ci renderebbero schiavi di questo o quel gruppo di potere finanziario che certamente non avrebbe a cuore le sorti dei cittadini.L’unico modo per contrastare le spinte distruttive è rilanciare l’iniziativa europea dando risposte concrete ai bisogni reali.
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