Merkel e Draghi sulle diverse velocità nell’Eurozona

Angela Merkel ha voluto ‘chiarire un equivoco’ sul concetto dell’Europa a diverse velocità: ‘Io non sono interessata a che nell’eurozona vi siano diverse velocità. L’eurozona deve rimanere nel suo complesso insieme’.

E’ una Angela Merkel con grande bisogno di alleati quella che  ha incontrato a Berlino Draghi. Si parla di un vertice ‘di routine’, ma i primi a non crederci sono la cancelliera e i suoi più stretti collaboratori. Un confronto durato più di due ore, ben oltre le attese, organizzato in tempi rapidi. Sul tavolo l’idea di un’Europa a due velocità,  rilanciata a Malta dalla Merkel, ma anche gli attacchi a cui è sottoposta la Germania per il surplus nell’export, a cominciare con le bordate del presidente americano Donald Trump e non solo.  Merkel e Draghi hanno ben presente il quadro generale, a cominciare dalla tenuta dell’euro.

E’ stata la cancelliera a chiedere aiuto al capo della Bce chiamandolo a Berlino, sapendo che se il tema è l’Europa lui sarà al suo fianco. Merkel avrebbe spiegato a Draghi la sua idea per il futuro dell’Europa, su cui lui si era espresso in modo scettico qualche giorno fa: non due velocità, secondo la cancelliera, ma a più velocità. Non con alcuni paesi a formare una sorta di club dei più forti e virtuosi, bensì un’unione ‘flessibile’ in cui a ogni paese sono offerte più possibilità di scelta, a seconda delle proprie momentanee possibilità.

In cambio dell’appoggio di Draghi, certi accenti critici nei confronti della politica monetaria della Bce potranno forse essere attenuati.

In realtà ‘l’Europa a due velocità’ è tornata ad animare il dibattito nell’Unione.  L’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, lo scontro con la Russia di Vladimir Putin e l’uscita del Regno Unito stanno obbligando le istituzioni di Bruxelles e i Paesi dell’Unione europea a rivedere il processo di integrazione e l’azione comunitaria su alcune questioni di primaria importanza.

Le due velocità stanno a indicare i diversi livelli di integrazione o di partecipazione dei Paesi membri dell’Unione. Un’integrazione a livelli e ritmi diversi a seconda dei Paesi e delle questioni in gioco. Più propriamente si parla di ‘Europa a cerchi concentrici’ o di ‘Europa a geometria variabile’. Si tratta di strategie e assetti che rafforzano la cooperazione, seppure limitandola a un numero ristretto di Paesi. Implicano di conseguenza una cessione di sovranità da parte degli Stati nazionali. Ed è questo a complicare le trattative.

La  prospettiva di maggiore integrazione sembra dunque essere lontana dallo schema a ‘due velocità’ formalizzato nella proposta Schäuble-Lamers, nel 1994, e che puntava a rendere graduale il progetto di unione monetaria. Il confronto di queste ultime settimane è molto più concentrato su come rafforzare l’integrazione tra alcuni Stati membri,  che sull’esclusione di alcuni Paesi. Così non è stato per molte fasi della grande crisi quando la spaccatura tra Europa continentale e Paesi mediterranei era diventata molto profonda.  Draghi qualche giorno fa ha difeso futuro dell’euro definendo la moneta unica ‘irreversibile’.

Durante il vertice europeo di Malta, Angela Merkel  si è espressa sull’impegno tedesco per un’Europa ‘a diverse velocità: ‘Abbiamo imparato dalla storia degli ultimi anni che ci potrebbe essere un’Unione europea con differenti velocità e che non tutti parteciperebbero ogni volta a tutti i passaggi dell’integrazione. Penso che questo potrebbe essere inserito nella Dichiarazione di Roma’

Il Consiglio europeo del 25 marzo è chiamato a rilanciare il progetto europeo in occasione del 60° anniversario del Trattato di Roma che nel 1957 segnò la nascita della Cee, la Comunità economica europea. La Commissione Ue sta preparando un libro bianco sull’integrazione. I capi di Stato e di governo si stanno confrontando e si va delineando l’idea di introdurre nella dichiarazione finale del vertice il principio di un’Europa a cerchi concentrici o a geometria variabile. I negoziati si annunciano lunghi e l’esito finale rimane molto incerto.

Per molti aspetti, l’Europa è già organizzata per geometrie variabili: i due esempi più chiari riguardano la partecipazione alla moneta unica e il coinvolgimento dell’area Schengen. Solo 19 Paesi sui 28 membri complessivi dell’Unione europea fanno parte dell’area euro mentre le regole dell’area Schengen sono condivise da solo 23 Paesi su 28. Inoltre i Trattati già oggi prevedono le cooperazioni rafforzate, tanto che si sta negoziando in questi mesi una difficile tassa sulle transazioni finanziarie tra nove Paesi dell’Eurozona.

I temi economici non sembrano essere per il momento una priorità per rafforzare l’integrazione. Sulle forme di mutualizzazione dei debiti pubblici o sull’impegno da prendere in comune nel campo del welfare, l’eventuale integrazione avverrà in base ai criteri degli Stati finanziariamente più forti. Per compensare la responsabilità in solido, si dovranno tuttavia definire forme di cessione di sovranità, che molti Paesi non sono pronti ad accettare.

Per l’Italia qualsiasi forma di integrazione finanziaria richiederà il risanamento del bilancio pubblico e un rinnovato impegno sulla riduzione del debito. Nelle istituzioni e nella classe dirigente italiana in genere c’è chi respinge totalmente il trasferimento di sovranità e chi invece crede che un vincolo esterno sia dopotutto lo strumento più efficace per modernizzare il Paese.

Solo dopo le elezioni tedesche di settembre, si tornerà a discutere di integrazione economica nell’area euro, il dossier in preparazione alla Commissione riguarda tutti i 27 Paesi dell’Unione.

Cocis

 

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