E’ il giorno della verità per il Pd riunito in Assemblea a partire dalle 10.
I toni ultimativi della kermesse della sinistra e gli ultimatum dei tre sfidanti alla segreteria hanno irrigidito Matteo Renzi. Oggi il segretario trarrà il dado: non sono io a volere la rottura, siete voi che avete cambiato idea non perdendo occasione per demolire me e quanto fatto in questi anni, sarà il ragionamento del leader che, dopo aver ripetuto che il governo Gentiloni non ha scadenza, si dimetterà convocando il congresso subito per celebrare le primarie o il 9 aprile o, al massimo, il 7 maggio.
Il punto di non ritorno è a un passo: a dieci anni dalla nascita, la scissione del Partito democratico potrebbe essere sancita oggi. La vigilia dell’assemblea convocata da Matteo Renzi per aprire il congresso, registra distanze immutate tra maggioranza e minoranza e un’escalation nei toni.
I tre candidati alla segreteria della minoranza, Roberto Speranza, Michele Emiliano ed Enrico Rossi, in una manifestazione unitaria con in platea Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, attaccano Renzi e tengono il punto sulle loro richieste: conferenza programmatica, congresso in autunno e garanzia di durata del governo Gentiloni fino al 2018. Ma il vicesegretario Lorenzo Guerini risponde a muso duro: ‘Gli ultimatum non sono ricevibili’. E il presidente Matteo Orfini avverte: ‘Sarebbe la scissione a mettere a rischio il governo’.
A Roma, al Testaccio, è andata in scena la manifestazione della minoranza Pd contro la quale si è scagliato via Twitter il n.2 del partito Lorenzo Guerini: ‘Toni e parole che nulla hanno a che fare con una comunità che si confronta e discute. Gli ultimatum non sono ricevibili’.
Michele Emiliano dal palco della manifestazione della sinistra a Roma, che in un post su Facebook dice di aver convinto Renzi a votare nel 2018, chiede di non costringere con argomenti capziosi questa comunità, leggi la minoranza, ad uscire dal Pd: ‘Noi speriamo di non dover dire cose drammatiche nelle prossime ore ma se dovesse essere necessario non avremo paura. Non costruiremo un soggetto avversario del Pd ma non aspetteremo altro che ricostruire questa comunità. Tutto questo, però, è evitabile, lo voglio dire ancora’.
Dal palco, il governatore toscano e candidato alla segreteria Enrico Rossi ha chiarito che se si pensa di fare un congresso in poche settimane, una una conta per riconsegnare la guida del partito al segretario noi non ci stiamo. Il Pd è per sua natura un partito plurale e di centrosinistra, se si pensa di abolire la sinistra o che finisca per non contare nulla la responsabilità della spaccatura ricade su chi non vuole capire”.
Nel suo intervento, Roberto Speranza ha raccontato di aver avuto un colloquio con Matteo Renzi: ‘Mi ha cercato e ho parlato con lui, come giusto sia perché è il segretario. Gli ho chiesto se la vediamo solo noi la scissione che c’è già stata in parte del nostro mondo?. Se non c’è una presa di consapevolezza sarà normale un nuovo inizio. Se il congresso non è il tentativo di rimettere insieme un mondo ma è solo rivincita o plebiscito a me non interessa entrare”.
E mentre Massimo D’Alema ha avvertito che non parteciperà all’assemblea del Pd, da Dario Franceschini arriva un appello per evitare la scissione: ‘I margini di trattativa ci sono sempre, dipende dalla volontà delle persone e sopratutto dobbiamo sapere che il Pd non è proprietà di alcuni capi che litigano tra di loro’.
Il Pd, ha aggiunto Franceschini, è proprietà di alcuni milioni di persone che ci hanno creduto, che ci credono e che non vogliono questa divisione”.
E in attesa dell’assemblea PD di oggi, il presidente della Puglia Michele Emiliano propone la sua ‘ricetta’: ‘Adesso che abbiamo convinto Renzi a sostenere Gentiloni fino alla fine della legislatura senza fargli brutti scherzi, possiamo darci il tempo di riconciliarci e trovare le ragioni per stare ancora insieme”.
Ribatte Bersani: ‘Questa cosa non l’ho mai sentita: dovrà dirla Renzi, non Emiliano. E’ il nostro governo, non possiamo lasciargli la spada di Damocle sopra. Intanto, nel Pd, tre candidati della minoranza Dem, stanno dicendo che non si può fare un congresso così, perché se si forzano le regole non può candidarsi nessuno’.
Renzi ieri da Firenze ha sentito tutti ma, a quanto si apprende, oggi tirerà dritto, mettendo in fila la strumentalità delle ragioni della minoranza e convinto di avere dalla sua i numeri dell’Assemblea, dove il 65 per cento dei componenti è della maggioranza dem.
Certo ribadirà, come già detto in direzione ma per togliere ogni ‘alibi’ alla minoranza, che il governo deve lavorare, non ha scadenza pur sottolineando l’incongruenza della sinistra interna che, quando Gentiloni si insediò dopo le dimissioni di Renzi, annunciò che avrebbe valutato l’attività del governo provvedimento per provvedimento. Ma d’altra parte, incalzerà l’ex premier, anche sul congresso è stata la sinistra a cambiare più volte idea, chiedendo prima di non farlo, poi di farlo e ora di rinviarlo a settembre.
A questo punto va anche bene un confronto programmatico nella fase di avvio del congresso, come proposto da Orlando e Martina, ma l’iter congressuale deve concludersi prima delle amministrative per avere in sella un leader pienamente legittimato.
L’ultima offerta, arrivata dall’area di Emiliano, di fare le primarie a luglio pur aprendo subito il congresso sarebbe stata, a quanto si apprende, rinviata al mittente. Se la minoranza accetta la fase programmatica dentro il congresso le primarie potrebbero celebrarsi il 7 maggio altrimenti, se la minoranza dirà no, il congresso può anche chiudersi il 9 aprile.
A questo punto vediamo che cosa fa Emiliano, se davvero vuole unirsi con quelli che cantano Bandiera Rossa, ironizzano i renziani duri e puri sottolineando la distanza siderale tra le due anime del partito e convinti che la scissione non è il peggiore dei mali ma un nuovo inizio per tornare al renzismo della prima ora.