“Rimango perché ho visto che Renzi era felice che me ne andassi. Allora mi sono detto che stavo sbagliando tutto. Il campo di battaglia è il Pd” ha sottolineato Michele Emiliano, in un’intervista al Corriere della Sera. Il presidente della Puglia, riferendosi a quanti hanno deciso di lasciare il Pd, ha sostenuto che “non mi sembrano pronti. Mancano tesi, strutture, organizzazione. Financo un nome”. Emiliano ha chiarito che con loro “sono sempre stato leale. Quando mi sono avvicinato a Bersani e agli altri non ho mai parlato di scissione, ma di opposizione a Renzi. Sono loro che mi hanno spiegato che con Renzi non potevano più convivere. Io non ho promesso nulla. Mi sono preso 48 ore per riflettere. Poi con Speranza e Rossi ho parlato chiaro: lasciare il Pd nelle mani di Renzi come un regalo sarebbe un errore storico; se vogliamo cambiare il Paese dobbiamo avere un partito di una certa dimensione, capace di fare massa critica”.
Soddisfazione di Matteo Orfini: “Credo che abbiamo fatto un lavoro positivo. E spero non sia finita qui: mi auguro ancora di riportare sui propri passi anche Rossi e Speranza”, ha spiegato il presidente del Pd e da domenica, con le dimissioni di Renzi, anche reggente, in una intervista a La Stampa. Ha parlato del dietrofront di Michele Emiliano e delle decisione prese dai secessionisti. “Siamo in uno stato abbastanza avanzato – ha proseguito il presidente Pd – ma finché non c’è stato un annuncio ufficiale è mio dovere tentare: considero la non partecipazione al congresso come qualcosa di diverso da un abbandono e Renzi ha fatto un gesto rispettoso. Il segretario si è dimesso e ricandidato: non può essere lui a fare la mediazione. Lasciarlo fare alla Direzione e agli organismi del partito è il modo migliore per garantire che nulla venga strumentalizzato: chi ha paura del partito di Renzi non può evocarlo quando lui si dimette. Si pensa di uscire dal Pd per fare un’altra cosa con pezzi di sinistra che oggi sono all’opposizione del governo. Chi attende fuori dal Pd chiederà, come ha già fatto Nicola Fratoianni neo segretario di Si, che il discrimine sia il governo Gentiloni. Mi pare ovvio – ha concluso Orfini – che una scissione rischierebbe di produrre un sostegno al governo più fragile”.