L’amore ai tempi della Cassazione non è un apostrofo rosa. Di fronte agli Ermellini della Suprema corte la poesia lascia spazio al cavillo, e addio romanticismo. Prendete il tema divorzio, ovviamente. Finita la passione, comincia la finanza e in campo entrano i togati. Se bisogna decidere chi paga (alimenti, assegni di mantenimento, educazione dei figli) ecco che anche un sms, un messaggino telefonico, fa la differenza: almeno per la Cassazione che qualche giorno fa ha messo la parola fine a una lunga guerra dei Roses a Milano approdata all’ultimo giudizio dopo il passaggio in Corte d’appello. La sentenza definitiva è tombale: il marito pizzicato a inviare sms piccanti all’amante deve pagare il fio del tradimento. Ovvero si deve far carico ‘dell’addebito della separazione’, per la ‘violazione dell’obbligo di fedeltà’. Sms carissimo per il signore in questione: duemila euro al mese alla moglie e tremila ai tre figli.

MA OLTRE alla beffa di dover pagare tutto e caro, il marito fedifrago può raccontare agli amici di essere doppiamente scornato da questa sentenza. Perché se andiamo a consultare i massimari della Cassazione sul tema, scopriamo che la coppia, il tradimento, la fuga sui social network, in breve i sotterfugi degli amorosi sensi, di fronte alla legge diventano un’opinione. Se qualche sms costerà al marito 5mila euro al mese, ecco che alcune settimana prima gli stessi giudici avevano punito un fidanzato reo di avere strappato dalle mani della ragazza il cellulare, proprio per leggere i messaggini. Pensava fosse solo gelosia, invece era una rapina.