Dopo aver sottolineato che i giovani in Italia diventano autonomi in media a quarant’anni, viene proposto di tassare un po’ di più gli anziani e un patto di tre anni fra due milioni e mezzo di pensionati, e altrettanti Neet, cioè i giovani che non lavorano e non studiano, per contribuire al loro sviluppo.
A parte il fatto che da anni le pensioni sono bloccate, che quando si parla di pensioni più alte non si specifica mai la congruità, e che il sistema pensionistico è stato utilizzato come un bancomat, come attesta la riforma Fornero, che per soddisfare le necessità di cassa dello stato scelse la via più rapida e semplice allungando di un quinquennio l’età pensionabile con le conseguenze sul mercato del lavoro che tutti conosciamo.
Sarebbe utile capire se a questo patto in qualche maniera potrebbero essere chiamati a contribuire i tanti che evadono il fisco o che lo eludono. Sarebbe bello anche capire se sono esenti quegli imprenditori che hanno goduto dell’intervento a pioggia deciso dal governo Renzi, relativamente alla decontribuzione ha prodotto solo risultati temporanei sull’occupazione.
Sarebbe opportuno chiarire il ruolo che dovrebbe svolgere il governo che qualcosa potrebbe con investimenti realmente capaci di incidere sull’occupazione, e quindi sull’autonomia economica ed esistenziale dei giovani.
L’Italia ha trascorso il 2016 a dividersi sulla riforma costituzionale ma non ha avuto il tempo di dedicarsi a un milione e ottantacinquemila famiglie in cui nessuno ha lavora, pur essendo tutti inequivocabilmente abili e pur cercandolo.
Le famiglie non hanno trovato posto nella agenda di Renzi, con un’Italia che è sfuggita alla sua narrazione, troppo impegnata a corteggiare quelli che a suo parere il lavoro dovrebbero crearlo ma non lo hanno fatto, nonostante gli aiuti contributivi, creato nella misura sperata e, soprattutto, nella misura necessaria.
È l’immagine di un fallimento che più di altri pesa sulle spalle del centro-sinistra e della sinistra che trova nel lavoro, nella capacità di costruire le condizioni per crearlo la sua ideologica ragion d’essere.
Il Mezzogiorno è in ginocchio perché oltre la metà (587 mila per la precisione) di quelle famiglie prive di una fonte di reddito da lavoro vivono al Sud, laddove diventa troppo facile per le mafie reclutare manovalanza affondando le mani nella disperazione.
Da un anno all’altro ci dice l’Istat, nulla è cambiato perché le famiglie in queste condizioni sono diminuite dal 2015 al 2016 appena dello 0,7 per cento. E poi ci sono le madri sole con figli: 192 mila famiglie si trovano in queste condizioni. E poi 970 mila famiglie in cui lavora solo la moglie mentre l’uomo paga il pedaggio della crisi. Numeri che interrogano la sinistra sulla sua identità: quella fatta di cose concrete, non di dichiarazioni inconsistenti e retoriche.