Clima, cosa cambia con il no degli Usa

Trump tira dritto e dice no. Dopo averlo promesso in campagna elettorale e averlo ribadito più volte negli ultimi giorni, il presidente americano Donald Trump sembra deciso a ritirare gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima. Un accordo globale siglato da 195 paesi alla conferenza di Parigi (COP21) del dicembre 2015 dopo 13 giorni di negoziati ed entrato in vigore il 4 novembre 2016. Quella che venne definita una svolta storica mira a rafforzare la risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, in un contesto di sviluppo sostenibile e di sforzi per sradicare la povertà.

Nello specifico, l’accordo prevede di mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine e di perseguire gli sforzi nel limitare l’aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici. Tramite l’intesa di Parigi i governi hanno inoltre concordato di riunirsi ogni cinque anni per stabilire obiettivi più ambiziosi in base alle conoscenze scientifiche e di “rafforzare la capacità delle società di affrontare gli impatti dei cambiamenti climatici.

Cosa accade ora se Trump ufficializza il no? I rischi sono soprattutto due: innanzitutto le temperature del pianeta aumenteranno più in fretta e saranno destinate a superare velocemente la soglia dei 2 gradi con tutte le conseguenze che questo comporta. Washington si era infatti impegnata a ridurre le emissioni del 28% entro il 2025. Inoltre, l’uscita degli Usa dall’accordo potrebbe mettere a rischio anche la partecipazione di altri paesi.

 

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