Progetto Italia News presenta Nicca Iovinella, artista presente all’Artperformingfestival che si terrà a Napoli dal 10 luglio al 7 agosto prossimi

Progetto Italia News, media partner di ‘Arteperformingfestival’,  che si terrà, come è noto, a Napoli,  dal 10 luglio al 7 agosto prossimi, al Castel dell’Ovo,    presenta oggi  Nicca Iovinella  che si esprimerà in una performance     al festival  che  si può, come è   noto, idealmente e praticamente, suddividere in tre temi: femminile, madre terra e mediterraneo. Per il ‘femminile’ saranno allestite sale al primo piano,  al secondo piano saranno disponibili il ‘Salone delle Velette’, altri ambienti, oltre a  quattro stanzette,  dedicate a ‘Madre Terra’ e ‘Mediterraneo’. Nicca sarà presente in una di queste quatto  stanzette dedicata al ‘site specific’ con una installazione che idealmente si può collocare tra ‘Madre Terra’ e ‘Femminile’.

Nicca Iovinella, laureata all’Accademia di Belle Arti di Napoli,  ha esordito con la pittura attraverso dipinti figurativi  sviluppando poi  la sua vera idea di arte con  il lavoro di installazione  e di performance che,    prima filmata, diventa un video, ultimo prodotto del lavoro di una artista  che ha aperto la strada  per collocare una performance come forma di arte visiva.

 Consideriamo, come punto di partenza, che attraverso  una performance  è possibile esplorare  le modalità in cui disagio, deprivazione e dolore possano essere compresi, narrati e superati.

Una ‘performance – prestazione’, in questo caso artistica, indica una forma di comunicazione  basata sull’improvvisazione e sul coinvolgimento del pubblico, ma anche una messa in scena, uno spettacolo e una recitazione. Performance viene tradotto spesso con esecuzione, anche se  ‘esecuzione’  non riesce a coprire tutte le complesse  accezioni del termine, o per meglio dire, la totalità del significato del termine.

L’arte contemporanea  non si pone solamente come un linguaggio utile a comunicare esperienze, ma si impone come una forma capace di interagire con gli altri, con gli osservatori, e con gli spettatori. Ovviamente, parliamo in questo caso specifico di linguaggio del corpo,  che può anche trasmettere pathos,  colpendo  l’animo degli spettatori attuando un coinvolgimento emotivo  e  diventando  fortemente simbolico.

La poetica di una performance è  una drammatica lotta  per liberare il corpo dell’uomo e metterlo in relazione,  attraverso la sua rivelazione,  nello spazio circostante,  con la sua dimensione spirituale.

Il processo di reinterpretazione del corpo,  attraverso la creatività dell’artista,  è contrapposto alle mutate necessità celebrative del potere. Nella rappresentazione dell’allegoria, cioè della figura  di un sentimento, l’individualità della persona retrocede a favore della sua espressione che diventa immediatamente percepibile.  Il corpo, nella sua fisicità, riemerge impetuoso e si impone  nella scena dell’arte.

Il corpo dell’uomo  e della donna  sono mezzi per entrare in contatto con i presenti, per recuperare quello spirito primitivo che  consente di vivere come esseri nuovi, lontani dalle tentazioni di una società opprimente, falsa nei rapporti con le persone e addirittura nel rapporto con se stessi.

In arte è la deformazione ad esprimere il reale rapporto del corpo con la propria mente e con il proprio intorno. Il corpo continua ad essere rappresentato, ma ad esso non si impongono più, nell’arte contemporanea, quei canoni estetici che ne avevano a lungo dettato i criteri di rappresentazione.

Gli artisti dell’Espressionismo, ad esempio,   ci hanno insegnato  che il corpo può anche essere diretta espressione del dolore e dei tormenti esistenziali. Ma l’espressionismo non è la sola comunicazione del disagio, perchè esistono anche sentimenti di gioia che vogliono trovare nel corpo di un, o di una, performer il modo migliore di esprimersi.

Gli anni ’70 sono gli anni della performance e dell’happening, esibizioni in chiave di evento che precedono una nuova forma d’arte che assumerà il nome di ‘Body art’.

Il performer, oggi,  assume il ruolo di regista, prendendo le distanze dall’esecuzione ma appoggiandosi  al  supporto verticale imprimendovi la sua impronta corporea.  Non vi è alcun intervento diretto dell’artista in senso tradizionale ma è l’idea che prevale sulla costruzione della performance,   che appare auto-costituita e in cui la presenza dell’elemento corporeo diventa l’elemento dominante.

Parlare di performance e di performer è innanzitutto parlare di  disciplina, di resistenza e  di  privazione,  che costituiscono la base stessa delle  opere trasformative. Questo tipo di arte potrebbe avere la meglio sulle esigenze del corpo e quindi, in definitiva, trascendere il tempo.

È estremamente importante uscire dalla propria comfort zone, per conoscersi fino in fondo. È così che si scopre il nuovo Io.  Il corpo è usato per allestire eventi estemporanei con movimenti corporei accompagnati da musica, elementi scenografici, danze, sequenze di azioni e gesti. La performance rende il corpo protagonista assoluto considerandolo soggetto e oggetto dell’espressione artistica ed esibendolo come opera. Vi è la volontà di provocare e di scuotere le convinzioni in fatto di arte.

 All’uso del corpo come linguaggio, ricorrono sempre più artisti contemporanei di differenti tecniche e tematiche. Il performer non sceneggia la storia di un personaggio, ma è egli stesso storia e personaggio. Si volge così verso la ricerca di un’umanità non schiacciata dal funzionalismo della società, che sfugge al concetto di profitto: ‘L’importante non è sapere, ma sapere che si sa. È uno stato in cui la cultura non serve più a niente’.

Sbloccate le forze produttive dell’inconscio, si scatenano in  conflitti tra desiderio e difesa, tra licenza e divieto, tra contenuto latente e contenuto manifesto, tra pulsioni di vita e pulsioni di morte, tra voyerismo ed esibizionismo,  tra fantasie distruttive e catartiche.

Ascoltiamo Gianni Nappa, ideatore di Arteperformingfestival: ‘Invitare ed inserire un artista come Nicca è offrire all’esposizione a Castel dell’Ovo una possibilità di entrare nella stanza site specific e fare un ‘viaggio’ nell’aspetto sensibile della metarealtà che l’artista costruisce nel determinare una linea di continuità temporale tra l’azione nella natura e l’installazione in mostra. Un viaggio nella sensibilità che accoglie nel percorso di vita con le sue ferite e lacerazioni, un anima donata a quanti vivranno dall’interno la sua opera, dove saranno visivamente presenti questi aspetti’.

Parlare delle performance di Nicca vuol  dire parlare di manifestazioni artistiche legate alla ‘Metarealtà’ in cui esprime la ‘Conoscenza’, nel senso più ampio del termine,  e che  comprende tutta l’attività di esplorazione evolutiva della ‘Realtà’ svolta dagli esseri viventi che  acquisiscono, elaborano  ed espellono,   informazioni nelle forme più disparate, ed a molteplici livelli di complessità.

La Metarealtà è essenzialmente costituita dal mondo delle rappresentazioni delle entità e dei fenomeni della Realtà espressi in percezioni, sensazioni, emozioni, sogni, pensieri, concetti e significati.

 Le forme metareali espresse da Nicca sono strutture e forme immateriali esistenti, ma solo come idee, concetti, fantasie, sogni, in ultima analisi espressi con  rappresentazioni, seppur di aspetti della realtà visibili.

La sua personalità artistica di   si rivela e si riconosce con immediata evidenza  per il suo originalissimo senso della simbiosi tra uomo e natura e per la ricerca, continua e sempre realizzata, di simboleggiarla in forme nelle quali l’astrazione dell’idea si incarna in plastiche concretezze con il linguaggio del corpo.

Nicca Iovinella è stata  vincitrice degli #HED2016 con il video dell’installazione/performance ‘Ancient Freedom’, antica libertà, ospitata recentemente presso la Sala 34 del Museo Archeologico di Napoli.

Si tratta al tempo stesso di una performance, un’installazione e un video. ‘Ancient Freedom’ rivisita infatti in una nuova chiave di lettura il lavoro ‘I Am’, che l’artista aveva messo in scena nel 2014 al Parco dei Camaldoli.

Riprendendo temi cari alla sua ricerca, quali l’affermazione di sé, le ferite, il concetto di abitare, in questa performance  ha omaggiato il Mann proiettando su di sé tre statue acefale della collezione Farnese, gettando un ponte immaginario tra classico e contemporaneo.

Attraverso le sculture scelte tra le veneri e le nike conservate al ‘MANN’, l’artista rivive e diventa immagine di una donna senza tempo.  Nicca nelle sue installazioni usa spesso coppie di piedi in ceramica bianca, che fedelmente riproducono i suoi, disposte a terra in modo casuale: ‘Ho scelto i piedi perché ritornando a casa di nuovo, io mi abito e condivido, mi abito e mi muovo, e condivido anche i piedi mobili dell’osservatore/visitatore/fruitore, il quale, con naturalezza e quasi inconsapevolezza si muove dentro la mia scatola emotiva’.  L’artista visiva parteciperà al festival attraverso la realizzazione di una installazione/performance ,  oggetto di un video visibile al pubblico.

Un pavimento chiaro  accoglierà l’installazione dell’artista napoletana, presente con  la distintiva tuta bianca che da sempre Nicca Iovinella indossa, simbolo di purezza, ‘una purezza che difficilmente può restare inviolata’. 
Roberto Cristiano

 

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