La necessità di comparazione delle rispettive condotte dei coniugi all’interno del matrimonio, secondo parte della dottrina (M. DOGLIOTTI, Separazione e divorzio, Torino, 1995, 40), ha confinato ad ipotesi del tutto residuali la possibilità, prevista dall’art. 548 c.c., di arrivare ad una pronuncia di ‘doppio addebito’ a carico di entrambi i coniugi, poiché in caso di reciproche violazioni dei doveri nascenti dal matrimonio appare certamente ancora più arduo per il giudice districarsi tra azioni e reazioni più o meno giustificate, nell’impervio tentativo di isolare le singole responsabilità che giustifichino una pronuncia di addebito. Ad ogni modo, tali dubbi sono stati fugati proprio dalla disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 548 c.c.. Pertanto, qualora nel corso del giudizio di separazione, a fronte della reciproca richiesta di addebito, il giudice accerti che entrambi i coniugi abbiano determinato il fallimento dell’unione coniugale a causa dei loro comportamenti contrari ai doveri derivanti dal matrimonio, la separazione potrà e dovrà essere addebitata ad entrambi (G. CONTIERO, Il trattamento economico del coniuge nella separazione e nel divorzio, Milano, 2013, 334).
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