Alampi Letterio: ucciso dal mesotelioma di amianto. Il figlio chiede giustizia.

Letterio Alampi è deceduto per mesotelioma sarcomatoide. Ora Massimo Alampi, figlio di Letterio, chiede giustizia per la morte del padre a causa del mesotelioma pleurico (sarcomatoide) che gli è stato procurato dalle fibre di amianto che ha respirato nel corso della sua lunga attività lavorativa.

Massimo non è solo, perché è sostenuto dall’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona) e dal suo presidente Ezio Bonanni. ‘Il riconoscimento Inail – spiega Bonanni – e il rilascio della certificazione di esposizione non è sufficiente, perché non rende giustizia, non punisce i colpevoli, e non risarcisce i danni perché porta ad una rendita per la vedova e all’aumento della pensione Inps; in questo caso come in tutti gli altri casi. Sofferenze che coinvolgono anche il resto della famiglia della vittima, anzi di migliaia di vittime. E se i casi di mesotelioma sono quasi 2000 ogni anno, a cui poi vanno aggiunte tutte le altre patologie da amianto (cancri polmonari, degli altri organi delle vie respiratorie e del tratto digerente, e fibrotiche – asbestosi, placche pleuriche, e via discorrendo), come mai i procedimenti penali si contano sulla punta delle dita?”.

“Chi lavora sottoscrive un contratto di lavoro e non un contratto di morte”, sottolonea Massimo Alampi, responsabile dell’Ona di Reggio Calabria.

La famiglia Alampi chiede giustizia Letterio. Letterio è morto di mesotelioma sarcomatoide, dopo un’agonia di oltre un anno con ricoveri, trasfusioni, perdita di peso e forti dolori che rimarranno impressi in maniera indelebile nelle menti dei suoi cari che lo hanno assistito fino all’ultimo giorno. La rabbia e l’amarezza è ancora visibile nelle parole e negli occhi di chi ha vissuto tutto questo e che sarebbe disposto a tutto pur di vedere riconosciuti i diritti del proprio padre, privato, oltre che della vita, anche della propria dignità: “Voglio giustizia per quello che è successo a mio padre e non tollero che possa succedere ad altri. Ancora oggi c’è amianto nelle scuole, negli edifici pubblici, eppure tutto tace. Tutte le richieste dell’Ona per mettere in sicurezza i luoghi di vita e di lavoro non trovano riscontro. E’ stata chiesta la bonifica delle scuole, eppure nulla si muove. Cosa ce ne facciamo noi dei soldi, cosa se ne faranno le madri quando i loro figli esposti ad amianto nelle scuole moriranno per via di queste fibre?! So io cosa vuol dire la morte di un familiare per mesotelioma. La vittima rimane soffocata, sente che non ha l’ossigeno, si sente morire ed è lucida”, rimarca Massimo Alampi. “Mio padre – prosegue – non ce lo ridarà indietro nessuno: è crudele questa morte. Chi sapeva ed ha lasciato queste persone esposte all’amianto è un criminale e sono ancora più criminali coloro che ancora oggi lasciano i ragazzi esposti all’amianto nelle scuole. Mio padre ha lavorato per oltre 25 anni a contatto con l’amianto senza alcuna protezione, mai una visita o un controllo per verificare il suo stato di salute visto che la presenza dell’amianto, all’interno del reparto in cui lavorava era certa. La stessa società, la stessa Omeca di Reggio Calabria, lo ha confermato, riconoscendogli, attraverso l’Inail, che ha pure accreditato la rendita e rilasciato il certificato di esposizione ad amianto, circa 1242 settimane di esposizione. A questo punto ci chiediamo, cos’altro dobbiamo fare per avere giustizia. Noi abbiamo perso un padre, i nostri figli il nonno e mia mamma il marito. Non è possibile nemmeno descrivere le sofferenze che ha dovuto patire mio padre durante le ultime settimane di vita e per tutti noi è stato terribile vederlo mentre si spegneva lentamente e non poter fare nulla. Dal giorno in cui è venuto a mancare, mia madre non è più riuscita a dormire nella loro camera da letto”.

Il Sig. Letterio Alampi ha lavorato presso la OMECA di Reggio Calabria 1966 al 1992, con la mansione di addetto alla costruzione, alla saldatura e alla coibentazione, operativo presso tutti i reparti. Secondo quanto riportato dai familiari di Letterio ha svolto le sue mansioni lavorative in esposizione professionale a polveri e fibre di amianto e ad altri agenti patogeni, in assenza di adeguati strumenti di prevenzione tecnica e di protezione individuale, che potessero impedire l’inalazione di polveri e fibre di amianto e l’esposizione agli altri cancerogeni e mutageni, e i conseguenti danni alla salute.

Un calvario, quello della famiglia Alampi, durato oltre un anno; ricoveri e trasferimenti continui all’Ospedale di Messina per effettuare la broncoscopia con prelievo.

L’Osservatorio Nazionale Amianto, che dal 2008 si mobilita per tutelare familiari e vittime di coloro che sono stati esposti ad amianto e ad altri cancerogeni, chiede che venga fatta giustizia e che vengano riconosciuti i diritti di Letterio Alampi e dei loro familiari.

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