A.T., assistito dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) si è visto portare via padre, cugino, zii e zie, a causa dell’esposizione all’amianto durante l’attività lavorativa.
Tutti, infatti, sono stati lavoratori all’interno della stessa ditta, i cantieri S.A.I.T. SpA operativi tra Castellammare di Stabia e Napoli.
Adesso la preoccupazione è per se stesso, la sorella e per la mamma, in quanto anche loro hanno respirato le fibre di amianto che il padre inconsapevolmente riportava a casa, sui propri indumenti, al termine della giornata di lavoro.
Ci parli di suo padre.
Ancora faccio fatica a parlare di quanto è accaduto, il tempo passato è ancora troppo poco. E’ molto difficile parlare di una situazione che ha fatto, e continua a far soffrire, me e tutta la mia famiglia. O meglio quel che ne rimane.
Cosa intende dire?
Purtroppo l’amianto è entrato a far parte del nostro nucleo familiare già da tanto tempo, portandosi via, prima di mio padre, anche mio cugino, il cognato di mio padre, due dei miei zii con le rispettive mogli, tutti lavoratori all’interno della stessa ditta, la S.A.I.T. SpA. Una terribile coincidenza? Assolutamente no! L’amianto non è una coincidenza, non è una fatalità….L’amianto è morte, sempre, e noi ne siamo purtroppo la prova. Mio padre ha lavorato in quella ditta dal 1963 al 1991, come coibentatore, sa cosa significa? Che prendeva in mano l’amianto, a mani nude e senza alcun tipo di protezione. Non gli veniva nemmeno lasciata la possibilità di lavare le tute li ma doveva portarle a casa, da noi. Mia madre ha passato anni, inconsapevolmente, a lavare queste tute piene di amianto, noi stessi lo abbiamo sicuramente respirato ogni qualvolta mio padre al rientro, dopo una giornata di lavoro, veniva incontro per abbracciarci. Un gesto d’amore per lui, come ogni padre per i propri figli, ma chi avrebbe mai immaginato che proprio questo gesto d’amore potrebbe, a distanza di anni, mettere a rischio anche la nostra salute? Io e mia sorella siamo terrorizzati all’idea che anche mia madre possa ammalarsi. Mio padre, che io ho sempre definito un “piccolo ma grande uomo”, era di corporatura piccola, e anche questo purtroppo, durante il periodo lavorativo, ha rappresentato un ulteriore problema in quanto era l’unico in grado di infilarsi all’interno delle tubature (in amianto).
Quando avete scoperto la malattia di vostro padre?
Nel 2015 mio padre ha cominciato a non stare bene, era dimagrito improvvisamente nonostante, ripeto, fosse sempre stato longilineo di costituzione ma, reduce anche dagli altri decessi che ci sono stati in famiglia e sapendo che aveva lavorato a contatto con l’amianto, non ci è stato difficile trarre la conclusione che è arrivata nell’ottobre dello stesso anno e che ha sentenziato un mesotelioma peritoneale. Da lì il mondo ci è letteralmente caduto addosso tra ricoveri e cicli di chemioterapia con tutti gli effetti collaterali che ne sono derivati. Noi siamo sempre stati una famiglia molto unita e lui un padre e un nonno affettuoso. Mia nipote a dicembre di quell’anno ha compiuto 18 anni ma, con il suo adorato nonno ricoverato in ospedale con una sentenza di morte, non se l’è sentita di festeggiare e abbiamo passato quella giornata al suo capezzale intorno ad un lettino di ospedale e lui era totalmente consapevole di quanto stava accadendo. Non lo auguro a nessuno…Questo calvario terreno è terminato nel marzo del 2016 quando purtroppo, all’età di 72, è venuto a mancare, gettando tutti nella disperazione più totale.
Da quel giorno cosa è cambiato? Come avete deciso di procedere?
Ora vogliamo solo giustizia per mio padre, se la merita, lo dobbiamo a lui. Nessuno ce lo ridarà indietro e il vuoto che ha lasciato è veramente incolmabile, ma almeno deve avere giustizia. Ora io e mia sorella, con il marito e mia nipote, viviamo a casa con mia mamma che ha perso il suo compagno di una vita, il suo amore e non è giusto perché non era questo il suo momento. Devo ringraziare l’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, per aver preso a cuore non solo la causa di mio padre ma di tutti coloro che non ci sono più o che si sono ammalati a causa della superficialità e dell’inadempienza delle istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini. Sempre grazie all’Avvocato, siamo riusciti ad ottenere il riconoscimento di malattia professionale, un piccolo passo avvenuto proprio a ridosso del funerale di mio padre e mi piace pensare che lui, di fronte a questo primo piccolo passo, possa aver assistito e possa darci la forza per andare avanti.