Consiglio dei ministri vara missione italiana in Libia

Via libera alla delibera sulla missione di supporto alla guardia costiera libica. ‘Quello che abbiamo approvato è né più né meno quanto richiesta dal governo libico’, afferma il premier Paolo Gentiloni in una dichiarazione al termine del Consiglio dei ministri.

La missione italiana, ha aggiunto, va considerata come un passo in avanti nel contributo italiano alla capacità delle autorità libiche di condurre la loro iniziativa contro gli scafisti e di rafforzare la loro capacità di controllo delle frontiere e del territorio nazionale. È un pezzo di percorso della stabilizzazione della Libia a cui l’Italia sente il dovere di parteciparvi’.

La missione di supporto alla guardia costiera libica, secondo il premier, può dare un contributo molto rilevante non solo al contrasto dei mercanti di esseri umani ma per governare i flussi migratori con conseguenze importanti anche per l’Italia.

Sarà affidato ad un ammiraglio a bordo di una Fremm, una delle sofisticate fregate di cui si è da poco dotata la Marina militare, il comando della nuova missione italiana di sostegno alla Libia nel contrasto ai trafficanti di esseri umani. Sarà un dispositivo ‘importante’, composto da quattro o cinque navi, altrettanti aerei, forse un sottomarino, droni e diverse centinaia di militari.

Il Consiglio dei ministri varerà il provvedimento con i dettagli dell’operazione, che poi, martedì, sarà sottoposto al Parlamento: a quel punto dovrebbe essere la conferenza dei capogruppo a decidere quale iter verrà seguito e, cioè, se ci sarà il vaglio delle Commissioni oppure dell’Aula.

In queste ore al ministero della Difesa stanno definendo le ultime questioni, alcune delle quali sono particolarmente delicate: le regole d’ingaggio, la catena di comando, il trattamento dei migranti eventualmente ‘respinti’, le misure a tutela dei nostri militari.

Quello che è certo, come hanno confermato fonti di Governo all’Ansa, è che verranno impiegati gli assetti,   in tutto o in parte,  dell’operazione Mare Sicuro. Si tratta di una missione nazionale avviata nel marzo 2015 con compiti di sorveglianza e sicurezza marittima in seguito all’aggravarsi della minaccia terroristica. Mare Sicuro opera in un’area di circa 160.000 chilometri quadrati, nel Mediterraneo centrale e a ridosso delle coste libiche. Vi partecipano attualmente 5 navi, cinque aerei, elicotteri, un paio di sommergibili e circa 700 militari. Si tratta di un dispositivo comandato da una Fregata europea multi missione,  attualmente la Fremm Margottini, che però verrà presto rimpiazzata dall’Alpino nell’ambito della normale turnazione,  composto da un’altra fregata e alcuni pattugliatori, ma che potrebbe essere integrato con altri assetti particolarmente utili per il contrasto ai trafficanti.

Ad esempio alcuni droni, gli aerei senza pilota, oppure la tecnologica nave-spia Elettra, che è in grado di raccogliere informazioni intercettando segnali radar e radio. Della missione libica faranno parte anche uomini del reggimento e team del Comsubin, le forze speciali della Marina. Nel porto di Tripoli, inoltre, è già presente un pattugliatore della Guardia di Finanza che fornisce assistenza e addestramento agli equipaggi delle motovedette che l’Italia ha ceduto alla Guardia costiera libica ed un’altra nave della Marina è alla fonda a Misurata, dove un contingente italiano gestisce e fornisce sicurezza a un ospedale da campo dove vengono curati i combattenti libici feriti negli scontri contro l’Isis.

Sembra dunque risolto il giallo che ieri sera aveva fatto fibrillare gli apparati dopo la pubblicazione di una nota del presidente libico Fayez al Serraj che era apparsa come una marcia indietro rispetto agli accordi presi con il governo italiano. E rispondeva alle pressioni interne e agli attacchi provenienti dal generale Haftar.
Appena due giorni dopo la stretta di mano di Parigi, i rapporti tra di due sono infatti tornati al livello di scontro rendendo evidente il fatto che l’intesa non sia stata affatto raggiunta. Nei contatti di queste ore tra Tripoli e Roma è stato chiarito che Serraj smentisce categoricamente quanto pubblicato da alcuni mezzi di informazione locali circa la nostra autorizzazione alle forze italiane all’ingresso nelle nostre acque territoriali scortati da aerei caccia e quant’altro: ‘Ciò che è stato concordato con il governo italiano è il completamento del programma di sostegno alla guardia costiera con addestramento e forniture o allestimento di armamenti e attrezzature che possano rendere la guardia costiera in grado di salvare la vita ai migranti e affrontare le organizzazioni criminali che operano nell’immigrazione illegale e nel contrabbando. Ci si è accordati anche nel fornire sostegno alla guardia di frontiera e anche un sistema elettronico di controllo dei confini meridionali’.
È questo  lo spirito della missione che consentirà ai militari italiani di partecipare al controllo di quel tratto di mare proprio per tentare di fermare le partenze organizzate dai trafficanti.

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