La presenza del defibrillatore nei centri sportivi, diventata da poco obbligatoria in Italia, garantisce la sopravvivenza dall’arresto cardiaco in 14 casi su 15. È quanto emerge da uno studio condotto dall’Ospedale Guglielmo da Saliceto di Piacenza e presentato al convegno della European Society of Cardiology di Barcellona. I ricercatori del Progetto Vita hanno valutato l’impatto dei defibrillatori automatici esterni (Aed) in 252 palestre e campi sportivi amatoriali nella provincia di Piacenza nell’arco di 18 anni. Concludendo che chi ha comprato i dispositivi di emergenza ha speso bene i suoi soldi. Sì perché durante l’attività sportiva, soprattutto quella condotta in modo amatoriale, le probabilità di avere un arresto cardiaco o di soffrire di aritmie sono più alte che in altre circostanze. Si stima che gli atleti hanno un rischio tre volte maggiore di andare incontro a problemi di questo tipo rispetto ai non atleti.
Il defibrillatore è un apparecchio salvavita in grado di rilevare le alterazioni del ritmo della frequenza cardiaca e di erogare una scarica elettrica al cuore qualora sia necessario. L’erogazione di uno shock elettrico serve per azzerare il battito cardiaco e, successivamente, ristabilirne il ritmo.
Generalmente, un defibrillatore è composto da due elettrodi che devono essere posizionati sul torace del paziente (uno a destra e uno a sinistra del cuore ) e da una parte centrale dedicata all’analisi dei dati da essi trasmessi.
Esistono quattro principali tipologie di defibrillatori: il defibrillatore manuale, il defibrillatore semiautomaticoesterno, il defibrillatore automatico esterno e il defibrillatore impiantabile o interno.
Il defibrillatore manuale è il dispositivo più difficile da utilizzare poiché ogni valutazione delle condizioni cardiache viene completamente delegata al suo utilizzatore, così come la calibrazione e la modulazione della scarica elettrica da erogare al cuore del paziente. Per tali motivazioni, il defibrillatore manuale viene utilizzato prettamente da medici o da operatori sanitari abilitati.
Il defibrillatore semiautomatico esterno è un dispositivo ‘intelligente’ in grado di funzionare quasi in completa autonomia. Una volta collegati in maniera corretta gli elettrodi al paziente, mediante uno o più elettrocardiogrammi che il dispositivo effettua in maniera automatica, il defibrillatore semiautomatico esterno è in grado di stabilire se è necessaria o meno erogare uno shock elettrico al cuore. Più precisamente, è in grado di ‘comprendere’ se il paziente è stato colpito da arresto cardiaco e, qualora il ritmo fosse defibrillabile, avverte l’operatore, della necessità di erogare una scarica elettrica al muscolo cardiaco. A questo punto, l’operatore dovrà solo premere il pulsante di scarica.
La scarica elettrica del defibrillatore può ristabilire in tempi brevi il corretto ritmo cardiaco. Il dispositivo è semplice da usare e non c’è bisogno di avere studiato medicina per impiegarlo nella maniera corretta. Anzi, i ricercatori hanno osservato che l’intervento immediato di persone non esperte garantisce una maggiore sopravvivenza rispetto a quello di medici che non si trovano sul posto e che inevitabilmente ritardano i soccorsi. Di fronte a un arresto cardiaco ogni minuto è prezioso.
Ultima tipologia di defibrillatore esistente, è quello impiantabile o interno. Si tratta di uno stimolatore cardiaco alimentato da una batteria dalle dimensioni molto ridotte che viene inserito in prossimità del muscolo cardiaco, solitamente, sotto la clavicola. In caso registri una frequenza anomala del battito cardiaco del paziente è in grado di erogare autonomamente una scarica elettrica per tentare di riportare la situazione alla normalità.
Esclusa l’ultima tipologia di defibrillatore elencata, ricordiamo che per salvare la vita ad una persona colpita da arresto cardiaco non basta avere a disposizione un defibrillatore, ma occorre anche utilizzarlo quanto prima: per ogni minuto che passa, infatti, le probabilità di sopravvivenza per la persona colpita da arresto cardio-circolatorio diminuiscono di circa il 10%.
I ricercatori hanno confrontato i tassi di sopravvivenza all’arresto cardiaco tra i centri sportivi che si erano dotati di un defibrillatore automatico esterno e quelli che invece avevano rinunciato all’acquisto. Su un totale di 252 impianti sportivi, 207 (l’82%) avevano a disposizione lo strumento salvavita durante il periodo di osservazione e 45 (18%) ne erano privi. Nel corso dei 18 anni di valutazione si sono verificati 26 arresti cardiaci nelle strutture prese in esame, di cui 15 nei centri muniti di defibrillatori.
Tutto dipende dalla rapidità dei soccorsi: il defibrillatore riduce il periodo che trascorre tra l’attacco di cuore e la prima scossa elettrica da 7,3 a 3,3 minuti.
Naomi Sally Santangelo