Luigi Genovese e il traghettamento politico compiuto da Francantonio

Luigi Genovese candidato di Forza Italia e figlio di Francantonio condannato in primo    grado a 11 anni di carcere nel processo sui corsi di formazione professionale, che coinvolge anche la moglie e altri parenti, è il più votato a Messina, dove è candidato nella lista di FI. I ‘suoi’ voti sono stati decisivi per l’elezione di Nello Musumeci.

Genovese jr, 21 anni, ha ottenuto quasi 20.000 voti. In campagna elettorale era annoverato tra gli ‘impresentabili’ delle liste di Musumeci per via dei guai giudiziari dei genitori.

Ricordiamo che l’affermazione del centrodestra in Sicilia diventa trionfale a Messina e provincia, dove Nello Musumeci supera il 51%, doppiando il cinquestelle Giancarlo Cancelleri che si ferma al 25%; mentre le liste che sostengono il candidato governatore (FI, Diventerà Bellissima, Udc, Lega-FdI, Idea Sicilia-Popolari e autonomista) raggiungono il 55%. Messina offre un altro record al centrodestra: è l’unica provincia in cui Forza Italia supera la performance della lista cinquestelle, raggiungendo circa il 25%, contro il quasi 18% dei grillini.

‘Gli impresentabili sono i 5 stelle con il loro linguaggio volgare, non io o mio padre. I Genovese hanno fatto solo del bene a Messina e la città ce lo ha riconosciuto’, dice Luigi, 21 anni, in arte Genovese junior, figlio di Francantonio, il ras delle preferenze di Forza Italia condannato in primo grado a 11 anni per reati che variano dalla truffa al riciclaggio sui fondi europei della formazione, è tra i più votati in Sicilia.

Nel suo collegio lo studente di giurisprudenza ha raccolto quasi 20 mila preferenze, praticamente un terzo di tutta Forza Italia nel Messinese: ‘Io non ho alcuna condanna e impresentabile non lo sono. Mio padre, a dir la verità, non lo è nemmeno perché ha una condanna in primo grado e non una sentenza definitiva. Comunque penso di aver raccolto anche consenso personale mio, soprattutto tra i giovani. Io e mio padre abbiamo lavorato insieme, come una famiglia d’altronde. Il buon risultato che ho ottenuto deriva dal fatto che i Genovese hanno sempre fatto del bene a Messina e questo i messinesi ce lo hanno riconosciuto. E comunque ai 5 stelle voglio dire una cosa chiaramente: fare una campagna solo sugli impresentabili è poca cosa e  penso che il mio risultato sia stato importante, se non determinante, per la vittoria di Musumeci con il quale ho un buon rapporto. Ma lui non deve ringraziare me, bensì i tanti elettori che hanno creduto nel progetto che porto avanti. A chi mi critica per le vicende giudiziarie di mio padre sull’utilizzo dei fondi della formazione, do solo una risposta: la formazione è stata azzerata, noi siamo usciti dal settore, eppure abbiamo preso un bel po’ di voti. Vuol dire che anche nelle altre elezioni le formazione non c’entrava nulla con il nostro consenso elettorale. I Genovese sono amati dalla gente, punto’.

Francantonio Genovese, avvocato, è  il padre di Luigi Genovese  e nipote del più volte ministro Nino Gullotti, entrambi esponenti della Democrazia Cristiana.  Francantonio Genovese si avvicina alla politica e  a diciotto anni si iscrive alla Democrazia Cristiana, e più precisamente nel Movimento Giovanile della DC di cui sarebbe stato presidente per pochi giorni fino al 18 gennaio 1994, allorché lo Scudo Crociato si trasformò in Partito Popolare Italiano, a cui aderì.

Nel 1995 si schiera con la componente del segretario nazionale Rocco Buttiglione, favorevole ad un’intesa con Forza Italia ed il centrodestra. Nello stesso anno partecipa, insieme a Buttiglione alla fondazione del partito dei Cristiani Democratici Uniti. Nel 1998 viene nominato assessore all’agricoltura nella giunta provinciale di Messina di centrodestra, guidata da Giuseppe Buzzanca.

Dissoltasi l’Udr, nel 1999 aderisce al Ppi di Franco Marini e Pierluigi Castagnetti, diventandone nel 2000 il segretario della federazione provinciale di Messina.

Dal 2001 è Deputato all’Assemblea Regionale Siciliana nella XIII legislatura, eletto nel collegio di Messina nella lista La Margherita-Ppicon 13.832 preferenze.

Attivo anche nel campo imprenditoriale, è azionista e dirigente della società di traghetti ‘Caronte&Tourist’ guidata da Pietro Franza. Nel 2001 si candidò anche alla Camera dei deputati, senza essere eletto. Nel 2002 è diventato vicesegretario regionale della Margherita in Sicilia, mentre nel 2003 è entrato nella direzione nazionale del partito di Francesco Rutelli.

Nel 2005, come rappresentante de l’Unione, si candida a sindaco di Messina: al primo turno ottiene il 45,79% mentre al ballottaggio vince con il 54,56% dei consensi, e si dimette dall’Assemblea Regionale Siciliana.

Ai primi di ottobre del 2007 decade dal ruolo di primo cittadino per un’opposizione alla regolarità della competizione elettorale, legata alla mancata presenza del simbolo del Nuovo PSI di Gianni De Michelis, a seguito della quale, quasi due anni dopo il voto, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana dichiarò nulle le stesse elezioni.

Nel frattempo si era candidato alle primarie regionali siciliane del Partito Democratico dando il proprio appoggio alla linea nazionale di Walter Veltroni. Il 14 ottobre 2007 risulta eletto segretario regionale del Partito Democratico con l’85% delle preferenze.

Alle elezioni politiche dell’aprile 2008 viene eletto alla Camera dei deputati nella lista del Partito Democratico nella Circoscrizione Sicilia 2. Diventa membro della V Commissione Bilancio della Camera e membro della Commissione Antimafia di cui sarà eletto Segretario.

Nel giugno 2008 si ricandida quindi alla carica di Sindaco come candidato designato del Partito Democratico nella coalizione di centrosinistra, ma non viene rieletto, perché battuto al primo turno da Giuseppe Buzzanca.

Nel dicembre 2012 si candida alle Primarie Parlamentari del PD in Provincia di Messina e con 19.590 preferenze risulta essere il più votato in Italia nella competizione elettorale interna al Partito Democratico.

Il 25 febbraio 2013, sempre tra le file del PD, viene rieletto Deputato alla Camera nel collegio della Sicilia Orientale. È riconfermato come membro nella Commissione Bilancio di Montecitorio da cui si dimette il 14 marzo 2014. Attualmente è membro della Commissione UE della Camera dei Deputati.

Il 7 dicembre 2015 assieme a Maria Tindara Gullo abbandona il Partito Democratico ed aderisce ufficialmente a Forza Italia   Il 22 gennaio 2017 viene condannato in primo grado ad 11 anni per la faccenda dei Corsi d’oro.

Nelle elezioni regionali di Sicilia 2017 compare come candidato il figlio Luigi, 21 anni.

Nel giugno 2013 viene indagato della procura di Messina per truffa, peculato e associazione a delinquere in un’inchiesta sui finanziamenti alla formazione professionale. Nel luglio 2013 il suo nome compare nell’inchiesta sempre sulla formazione, che ha portato all’arresto tra gli altri della moglie di Genovese  Nel marzo 2014 il GIP della Procura di Messina chiede la custodia cautelare in carcere di Genovese per reati tributari nonché per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, al peculato ed alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Il 16 aprile 2014, la Giunta per le autorizzazioni rinvia al 18 maggio dello stesso anno la decisione sulla legittimità della richiesta di arresto per Genovese nonostante scadesse il 18 aprile il termine di legge di 30 giorni entro il quale la giunta era chiamata a decidere.

Il 7 maggio 2014, la Giunta per le Autorizzazioni boccia, a larga maggioranza, la relazione del vicepresidente della Giunta, Antonio Leone, deliberando in tal modo parere favorevole alla proposta, alla Camera, di concessione della richiesta di arresto. A favore dell’arresto si schierano 12 deputati (9 PD, 2 M5S, 1 SEL) mentre contro 5 deputati (1 Forza Italia, 1 NCD, 1 SC, 1 PI e 1 Misto-PSI), sui 21 membri totali.

Il 15 maggio, la Camera, dopo uno scontro tra il Pd e il M5S sul rinvio del voto, autorizza la richiesta di arresto nei confronti dell’On. Genovese con 371 si, 39 no e 13 astenuti con voto palese (prima volta nella storia della Camera). A favore schierati Pd, M5S, Sel, Scelta Civica, Lega Nord, Fratelli d’Italia-AN, Misto-Minoranze linguistiche, Misto-ex M5S. Contro soltanto Forza Italia, NCD, MpA, Misto-Maie-Api, Misto Psi-Pli oltre 6 deputati del Pd. Si astengono Per l’Italia-UdC, Misto-Centro Democratico e Stella Alpina. In serata si costituisce nel carcere di Gazzi a Messina. Dopo una settimana di carcere il GIP concede gli arresti domiciliari.

Il 30 luglio 2014, la Giunta per le Autorizzazioni della Camera approva la relazione del capogruppo di Per l’Italia Gea Schirò sull’utilizzo delle intercettazioni telefoniche da parte della Procura di Messina nell’ambito dell’inchiesta sui finanziamenti professionali che hanno portato la Camera a concedere l’arresto di Genovese per truffa e peculato. Tuttavia la relazione limita l’utilizzo al 12 dicembre 2011 giorno nel quale Genovese fu iscritto ufficialmente nel registro degli indagati Il 7 agosto, la Camera approva a larghissima maggioranza la relazione Schirò con 391 si e 16 no.

Dopo una settimana in carcere, va ai domiciliari il 21 maggio 2014. Il parlamentare PD torna in carcere il 15 gennaio 2015, dopo la decisione definitiva della Cassazione. Il 31 luglio 2015 viene scarcerato perché gli vengono concessi di nuovo i domiciliari. Torna libero il 26 novembre 2015, per la scadenza del termine massimo di custodia cautelare in carcere.

Il 23 gennaio 2017 viene condannato in primo grado dal Tribunale di Messina a 11 anni di carcere.

Nel dicembre 2015 la Procura di Messina indaga Genovese per tentata concussione e riciclaggio. L’inchiesta verte su presunte irregolarità legate ai finanziamenti regionali per i corsi di formazione.

Ad onor di chiarezza è utile soffermarsi su alcuni dettagli relativi alla vita politico-imprenditoriale di Francantonio Genovese e sui rapporti che lo legano alla famiglia Franza.   Parliamo  di una famiglia, quella dei Franza  unita da amicizia e da matrimoni:  i Franza e i Genovese. Tutto parte dall’on. Gullotti, con la sorella Angelina andata in sposa al sen. Luigi Genovese.

La saga inizia nella Sicilia del dopoguerra con   la laurea in ingegneria di Giuseppe Franza che inizia a diversificare le attività economiche della famiglia. Giuseppe coglie l’importanza del traghettamento dello Stretto che lo incorona come imprenditore di successo e di credito.

 Franza viene  insignito del titolo di ‘consigliere’ della Banca d’Italia, gode della piena fiducia degli Istituti di credito e dei suoi dirigenti: la Banca del Sud, la Cassa di Risparmio dell’onorevole Stagno D’alcontres, il Banco di Sicilia.  Sembrava che l’impero dovesse crollare con le improvvise morti dell’ingegnere e di Gullotti. A questo punto entra in campo sua moglie   Olga e i figli Vincenzo, Helga e Pietro e per il gruppo Franza è un’iniezione di vitalità.  Tutto muove, in tempi recenti, dall’avventura imprenditoriale del futuro Cavaliere del Lavoro Olga Mondello Franza, che la rivista svizzera ‘Schweizer Nachrichten Magazine’ descrive come la ‘Zarina di Messina’.

Le risorse dei traghetti e delle società edili vengono reinvestiti  in nuove finanziarie create nella Roma Capitale. La controllata ‘Cofimer’ arriva a rastrellare ben 4 milioni di titoli Comit e il 15% della ‘Marathon holding’ sigla esordiente nella gestioni patrimoniali e un azionista cresciuto a fianco di Raul Gardini, quel Sergio Cragnotti indagato a Ravenna per false comunicazioni sociali e associazione a delinquere.

La ‘Tourist Ferry Boat’,  del quadrunvirato Franza-Genovese-Gullotti-Mondello, è la vera e propria gallina dalle uova d’oro che si divide   il flusso da e verso la Sicilia con  quasi tre milioni di camion e auto nel solo ’93. Vent’anni fa pubblico e privati si dividevano metà e metà oneri e profitti. Oggi alle Ferrovie dello Stato il 10% e ad  Franza  il totale controllo dei traghetti.

Eppure il tutto non era cominciato nel migliore dei modi. Nel 1967 il Consiglio di Stato aveva affermato l’impossibilità della compresenza dei privati nella stessa area dell’azienda pubblica. Quattro anni più tardi, però, ministro Gioia, veniva sancita la fine del monopolio statale per i trasporti dello Stretto.

Da questa premessa arriviamo alla false fatture per consulenze mai effettuate agli enti di formazione controllati da Genovese,  a quelle della società di navigazione Caronte e Tourist di cui è socio assieme ai  Franza. Per il deputato di Forza Italia,  Francantonio Genovese,  un guaio giudiziario dietro l’altro. Che adesso coinvolge anche i soci delle due società, in testa i Franza. Sono nove le persone iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Messina: Vincenzo Franza, Luigi Genghi, Francantonio Genovese, Maurizio La Cava, Massimo La Cava, Sergio La Cava, Olga Mondello, Cosimo Nava, Antonino Repaci* (nota).

Dopo la condanna a pagare tasse milionarie sui 16 milioni di euro portati in Svizzera e soprattutto dopo la condanna  a 11 anni di reclusione nel processo sui Corsi d’oro della formazione professionale, Genovese si è visto sequestrare dalla guardia di finanza beni per un altro milione di euro. Un capitale bloccato dalle casse delle due società che assicurano l’attraversamento sullo Stretto. E’ stato proprio studiando le carte sequestrate nell’inchiesta sui corsi di formazione che la Guardia di finanza si è accorta che lo stesso sistema di false fatture per consulenze mai effettuate utilizzato per far transitare fondi dalle casse delle società a quelle personali era utilizzato da Genovese anche nelle altre attività imprenditoriali controllate dalla sua famiglia. Da qui l’ulteriore inchiesta aperta dalla Procura di Messina nell’ambito della quale il deputato è chiamato a rispondere di evasione fiscale e false fatture.

 In sei anni,v dal 2008 al 2014, Genovese sarebbe riuscito ad occultare così una base imponibile di circa 6 milioni di euro, tre dei quali a carico delle due compagnie di navigazione che negli anni gli hanno liquidato parcelle per 3 milioni per consulenze mai effettuate e anzi fatte da altri studi professionali. Un falso che, a sua volta, ha consentito alla Caronte e alla Tourist di abbattere il proprio reddito e dunque di pagare meno tasse con un risparmio di oltre un milione di euro.

Questo, in nuce, è quanto,  ma non bisogna evitare di soffermarsi sulla mancanza di un credo politico che spinge Genovese senior a saltare indifferentemente dalla Dc, alla Margherita, al Partito Democratico, a Forza Italia, al Centrodestra e in tutto quello che in futuro potrà sorgere come linea politica da sposare all’occorrenza. Genovese senior un ‘voltagabbana’?. No, di peggio, visto che in dialetto messinese le persone fatte così vengono definite ‘saute o sautine…’. Una persona che saltella di qua e di là a secondo del proprio sterile tornaconto. Fatto sta che anche i voltagabbana, o se volete, ‘saute’  riescono a raccogliere voti. Diceva Wilde che i veri misteri si trovano nel visibile…

*Con riferimento al procedimento penale per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti nei confronti dei Sigg.ri Vincenzo Franza e Antonino Repaci (in relazione ad alcune fatture emesse dall’Avv. Francantonio Genovese per sue prestazioni professionali), in data 5 ottobre u.s. la Corte di Appello di Reggio Calabria ha assolto i due imputati dalle accuse loro mosse, perché il fatto non sussiste, recependo quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n, 6517 del 22 novembre 2020.

Invero, la Suprema Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Messina nei confronti di Vincenzo Franza e Antonino Repaci, ritenendola affetta dal vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, rinviando per nuovo giudizio alla Corte d’ Appello di Reggio Calabria che, a circa due anni di distanza dall’annullamento della Suprema Corte di Cassazione, ha assolto con formula piena i Sigg.ri Vincenzo Franza e Antonino Repaci.

Roberto Cristiano

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