Franco Però dirige gli straordinari Maria Paiato, Franco Castellano e Maurizio Donadoni nella spassionata indagine sul microcosmo della famiglia scritta da Friedrich Dürrenmatt nel 1969 in occasione della messinscena, presso il Teatro di Basilea di Danza Macabra, uno dei testi più feroci e moderni di Strindberg.
All’epoca, lo scrittore Friederich Dürrenmatt, membro della direzione del Teatro e insoddisfatto delle traduzioni e degli adattamenti esistenti del testo dell’autore svedese, decise di affrontarne egli stesso la rielaborazione. Il risultato è un’opera che oggi è diventata un classico, grazie alla sua intramontabile attualità e che, pur conservando l’essenza dell’originale, è vestita dei colori del sarcasmo e dell’ironia propri della scrittura dell’autore svizzero-tedesco. È con un sorriso che Dürrenmatt riesce a smascherare il conformismo e le ipocrisie della società: L’inferno domestico di Alice e Edgar che, divisi dall’odio dell’amore, trovano nella visita del cugino di lei, Kurt, il pretesto per far esplodere tutte le loro frustrazioni prende vita su un ring; i taglienti dialoghi intrisi di rabbia e rancore diventano dei round scanditi dal gong. La violenza è verbale e i contendenti sono tre, ma la tensione e l’atmosfera mozzafiato sono quelle di un incontro di boxe.
Note di regia
Dürrenmatt si prende gioco di noi, della nostra vita famigliare, con tutte le armi che gli sono proprie, il sarcasmo, l’ironia che trascolora nel grottesco, il gusto del comico, ma anche la violenza del linguaggio e lo fa prendendo uno dei più formidabili testi di Strindberg, ‘Danza macabra’ e riscrivendolo da quel grande costruttore di storie teatrali qual’è. Prende i tre protagonisti – il capitano, la moglie e il cugino/amante che ritorna – e li posiziona sotto le luci glaciali di un ring; seziona il testo strindberghiano e ne tira fuori undici round, intervallati dai gong – proprio come un incontro di boxe o di lotta – con la sola differenza che i combattenti sono tre.
Tutta l’essenza del testo originale rimane, ma Dürrenmatt ne esalta l’attualità, asciugando fin dove è possibile il linguaggio – già di per sé scarno – come in un continuo corpo a corpo, che solo il gong ferma per qualche istante, dando ai contendenti il tempo di un riposo per riprendere fiato e agli spettatori l’attimo di riflessione su quanto, nel round precedente, hanno visto. Sono immagini veloci come flash di una lotta famigliare in cui arriva all’improvviso il desiderato – da entrambi i coniugi – ‘straniero’, che veste i panni del cugino e rimette in gioco rapporti e conflittualità. Il riso e il pugno allo stomaco, il sorriso e l’amarezza si alternano continuamente su questo palcoscenico-ring, riportando davanti agli occhi dello spettatore gli angoli più nascosti di quel nucleo, amato od odiato, fondamentale – almeno fino ad oggi… – delle nostre società: la famiglia.
Franco Però
La piéce
Play Strindberg nasce al Teatro di Basilea nel 1969, scritta dall’autore svizzero tedesco proprio per quella messinscena (molto applaudita) e tratta dal capolavoro strindberghiano Danza macabra. La pièce – si racconta – viene creata perché Dürrenmatt, che era parte della direzione del teatro, era affascinato dalle possibilità interpretative che Strindberg aveva ideato per gli attori nel dramma originale, ma profondamente insoddisfatto delle traduzioni e degli adattamenti esistenti. Così affronta egli stesso quella materia: ed il risultato si rivela molto più di un adattamento.
Teatro Bellini, dal 5 al 10 dicembre 2017
PLAY STRINDBERG
di Friedrich Dürrenmatt
traduzione di Luciano Codignola
con
Maria Paiato – Alice
Franco Castellano – Edgar
Maurizio Donadoni – Kurt
scene Antonio Fiorentino
costumi Andrea Viotti
luci Luca Bronzo
musiche Antonio Di Pofi
regia Franco Però