Trump accusa i ‘Fake news media’ e il ‘falso nuovo libro’ di Michael Wolff di ‘attaccare ogni nuovo fronte immaginabile’ dopo che la collusione con la Russia si sta rivelando a suo avviso una ‘bufala totale’: ‘Bene, ora che la collusione con la Russia sta dimostrando di essere una ‘bufala’ totale e che l’unica collusione e’ tra Hillary Clinton e l’Fbi/Russia, i Fake News Media (Mainstream) e questo falso nuovo libro stanno attaccando ogni nuovo fronte immaginabile. Dovrebbero provare a vincere una elezione. Triste!’.
Certo è che quando una presidenza è ancorata così fondamentalmente ad un’immagine, come lo è con Trump, piuttosto che su una lunga storia di risultati politici o coerenza ideologica, qualsiasi danneggiamento di quell’immagine può essere particolarmente pericoloso.
Proprio per questo Trump non ha accolto bene la notizia della pubblicazione di un nuovo libro che lo riguarda. Un paio di giorni fa, il volume scritto dal giornalista Michael Wolff, ‘Fire and Fury Inside the Trump White House’, esce online e nelle librerie e diventa subito un bestseller. Il libro si basa molto sui racconti di Steve Bannon, l’ex capo stratega della Casa Bianca, licenziato ad agosto. I legali di Donald Trump hanno già mandato una richiesta, sia all’autore che alla casa editrice, di bloccare qualsiasi ulteriore pubblicazione, distribuzione e diffusione del libro.
Il racconto di Bannon può rafforzare il dubbio sulla vittoria di Trump durante le elezioni presidenziali. Una volta diventato presidente sono emersi i punti interrogativi che mettono in discussione i risultati delle elezioni. Mentre i sondaggi pronosticavano Hillary Clinton sulla poltrona presidenziale, in realtà, Washington si stava preparando per una nuova avventura politica. Gli americani hanno deciso di affidare il proprio destino al candidato repubblicano Donald Trump.
Le indiscrezioni sulle interferenze della Russia nelle elezioni statunitensi diventano insistenti per la prima volta già durante la presidenza di Barack Obama, nel pieno svolgimento della campagna elettorale. Immediatamente dopo i risultati definitivi, la vecchia amministrazione manifestò il convincimento che Vladimir Putin, con l’aiuto di hacker, avesse agito con manovre di hackeraggio contro la Clinton per favorire Donald Trump. Lo scandalo politico che ne è derivato è stato definito ‘Russiagate’ coinvolgendo direttamente anche il presidente statunitense attualmente in carica.
La lista dei protagonisti coinvolti nel Russiagate, sia da parte statunitense che da parte russa, è corposo, e coinvolge gli entourage dei presidenti Trump e Putin. Come ad esempio il figlio, la figlia e il genero di Trump che hanno stretti legami con il mondo del business russo. Bannon nel suo racconto sottolinea l’incontro alla Trump Tower nel giugno 2016, nel pieno della campagna elettorale, al quale parteciparono il figlio del presidente, Donald Trump Junior, il genero Jared Kushner e l’avvocatessa russa Natalia Veselnitskaya. Quest’ultima non è un funzionario del governo, ma un’avvocatessa privata. Il suo viaggio negli Stati Uniti, ufficialmente, riguardava il suo lavoro di avvocato. Però, la domanda che sorge è come sia riuscita ad avere una riunione alla Trump Tower durante la campagna presidenziale e perché sia stata presentata a Trump Jr come rappresentante del governo russo. Ma soprattutto, quali erano le informazioni segrete sulla campagna elettorale della Clinton e i documenti utili per accusare il candidato democratico.
A pubblicare le email nelle quali Veselnitskaya si presenta come avvocatessa del governo russo e nelle quali dichiara di avere informazioni in grado di danneggiare Hillary Clinton, è stato proprio Donald Trump Jr. Il figlio del presidente, spiegando che le notizie avute dall’avvocatessa erano vaghe, ambigue e senza senso, quindi inutilizzabili.
Intanto non tutte le librerie di Washington hanno ricevuto le copie di ‘Fire and fury’, il libro di Michael Wolff che sta imbarazzando la Casa Bianca. Ma dove è a disposizione tutti i volumi sono stati riservati in anticipo o sono andati ‘bruciati’ in breve tempo. E’ il caso della storica libreria indipendente Kramerbooks a Dupont, dove le 75 copie sono andate esaurite in 25 minuti, come ha riferito all’Ansa il titolare. ‘C’era la coda e continuano ad arrivare persone che vogliono comprarlo’, ha aggiunto, evocando paragoni con il fenomeno di Harry Potter. La libreria della grande catena Barnes and Nobles ad Arlington, Virginia, a due passi dalla capitale, ha riferito che tutte le copie sono state prenotate nei giorni scorsi e che i numerosi clienti entrati oggi dovranno attendere i rifornimenti.
Donald Trump si scaglia su Twitter contro Michael Wolff, l’autore di ‘Fire and Fury’: ‘Non ho mai parlato con lui per il libro. E’ pieno di bugie, false rappresentazioni e fonti che non esistono. Guardate al passato di questa persona e guardate cosa accade a lui e allo Sciatto Steve!, ha cinquettato, riferendosi anche al suo ex stratega Bannon, una delle principali fonti del libro. L’autore del libro ha sostenuto di aver intervistato anche Trump.
‘Certo che ho parlato col presidente. Che abbia capito che era un’intervista o meno, non lo so, ma non era ‘off the record’, è la replica di Michael Wolff che ha detto di averci parlato per tre ore. ‘Il 100% delle persone che lo circondano, il genero Jared Kushner, Ivanka, mettono in discussione la sua capacità di governare’, ha detto alla Nbc, Wolff, autore di ‘Fire and fury’. Tutti l’hanno descritto allo stesso modo, dicono che è come un bambino. Intendono dire che ha bisogno di gratificazione immediata. Tutto ruota intorno a lui. Dicono che è un cretino, un idiota, ha aggiunto, assicurando di aver sentito fonti che affiancano Trump ogni giorno. La mia credibilità viene messa in dubbio da un uomo che ha meno credibilità, forse, di chiunque abbia mai camminato sulla Terra finora, ha aggiunto Wolff in un’intervista al ‘Today show’ di Nbc. ‘Quest’uomo non legge. Non ascolta. È come un flipper’, ha detto, riferendosi a Trump.
‘Lo scorso marzo Donald Trump diede ordini fermi al capo dell’ufficio legale della Casa Bianca, Donald F. McGahn II, di convincere l’attorney general Jeff Sessions a non ricusare se stesso nell’indagine del Dipartimento di Giustizia sulle possibili collusioni tra la campagna del tycoon e i russi. Il tentativo fallì e Trump si adirò di fronte a numerosi dirigenti della Casa Bianca affermando che aveva bisogno di un attorney general che lo proteggesse’, scrive il Nyt. E’ uno degli episodi, rivela il giornale, che il procuratore speciale Robert Mueller ha appreso nel filone d’indagine sulla possibile ostruzione della giustizia da parte del tycoon. Davanti al suo staff Trump avrebbe detto che si aspettava che i suoi massimi dirigenti investigativi lo salvaguardassero nello stesso modo in cui credeva lo avesse fatto l’allora attorney general Robert Kennedy per suo fratello John ed Erid H. Holder jr per Barack Obama.
Tra gli altri episodi, una lettera indirizzata all’allora capo dell’Fbi James Comey in cui definiva il Russiagate una indagine ‘fabbricata e politicamente motivata’ ma i suoi collaboratori lo trattennero dall’inviare quella missiva. Mueller avrebbe comunque dichiarazioni verificate, fatte da Comey in una serie di memo, su interazioni preoccupanti del presidente prima che lo licenziasse. Il procuratore speciale avrebbe ricevuto inoltre dall’ex capo dello staff Reince Priebus note manoscritte attestanti che Trump gli parlo’ di una telefonata a Comey per sollecitarlo a dire pubblicamente che lui non era sotto indagine. Mueller avrebbe esaminato anche il comunicato che il presidente dettò dall’Air Force One in risposta ad un articolo del Nyt sull’incontro alla Trump Tower tra il primogenito ed altri esponenti della campagna con emissari russi: secondo il libro ‘Fire and Fury’ di Michael Wolff, gli avvocati di Trump ritenevano che quel comunicato fosse ‘un tentativo esplicito di gettare sabbia negli ingranaggi degli investigatori’ e uno dei portavoce del tycoon si dimise perche’ pensava fosse una ostruzione della giustizia. La determinazione di Trump a licenziare Comey innervosì più di qualcuno nell’ufficio legale, tanto da indurre uno degli avvocati della Casa Bianca a nascondergli che poteva farlo anche senza alcun motivo, come emerso da un suo approfondimento.
Trump chiamava Comey ‘ratto’, svela il libro di Wolff. ‘Ratto’: questo il termine usato da Donald Trump per riferirsi a James Comey, il capo dell’Fbi da lui licenziato mentre indagava sul Russiagate, secondo ‘Fire and Fury’, il libro di Michael Wolff che sta imbarazzando la Casa Bianca.
Cocis