Dal 9 al 14 gennaio al Teatro India di Roma in scena ‘Reparto Amleto’ scritto e diretto da Lorenzo Collalti, vincitore del Premio Miglior Spettacolo della rassegna “Dominio Pubblico – La città agli under 25”, che il Teatro di Roma accoglie e propone come produzione, impreziosendo il cartellone della stagione e consolidando «una più diretta collaborazione fra il festival under 25 e l’istituzione Teatro di Roma – dichiara il direttore Antonio Calbi – accogliere questa proposta è un ulteriore elemento per sostenere la fucina di nuove creatività e rinforzare l’identità del Teatro India come fabbrica del teatro di domani».
Il classico shakespeariano viene scomposto e attualizzato per diventare un ingranaggio teatrale: il giovane regista e drammaturgo Lorenzo Collalti traspone la celebre vicenda di Amleto ai giorni nostri, ambientandola in un ospedale dove il Principe di Danimarca si è recato in preda ad un attacco isterico vaneggiando e sostenendo di aver visto il fantasma del padre
Tra dialoghi travolgenti, botte e risposte entusiasmanti, si crea una situazione carica di ritmo e vivacità con citazioni filosofiche e battute esilaranti che trascineranno il pubblico in un vortice di risate e riflessioni. «The Tragedy of Hamlet è forse l’opera più rappresentata, rivista e interpretata della storia. Lo è a tal punto da scoraggiare chiunque nella sua messa in scena – racconta il giovane regista Collalti – è proprio da questa riflessione che parte l’idea del testo. Se il personaggio di Amleto fosse stato svuotato dalle infinite rappresentazioni e fosse sprofondato in una pesante depressione? Se fosse in una crisi continua, sottoposto a diverse interpretazioni degli innumerevoli registi fino a non capire più chi sia realmente e quali siano i suoi obbiettivi? Non risulterebbe forse più umano e vicino a noi? Questo è l’esperimento del testo: partire da un paradosso teatrale per raccontare il personaggio di Shakespeare. Un Amleto talmente sfinito da farsi internare. Cos’è Amleto se non un ragazzino troppo piccolo per essere re, abbastanza grande da piangere la morte di un padre con un compito più grande di lui da portare a termine? Il colossale, epico e inarrivabile mostro sacro del teatro, viene presentato come un adolescente in preda ad infinite paure, debolezze, non si sente pronto di affrontare una sfida da uomo.
Siamo poi così distanti dal testo del drammaturgo inglese? Tutto questo diventa un pretesto per rileggere l’opera shakespeariana mantenendone le parti strutturali ma arricchendole della consapevolezza del novecento. Sono infatti gli autori del secolo scorso a influenzare questa nuova drammaturgia come Kafka, Durennmatt e Palazzeschi. Non solo nel ritmo serrato, nella costruzione paratattica delle scene e nell’assurdità del linguaggio ma anche nel vedere Il protagonista come l’immagine di una società di solitudine e alienazione. Un uomo colpevole soltanto di “esser nato per rimettere in sesto il mondo».
Lo spettacolo si inserisce nel percorso di Stagione Shakespeare nostro contemporaneo, un viaggio nei suoi capolavori restituiti con sensibilità dell’oggi: da Re Lear, che Giorgio Barberio Corsetti affronta con un linguaggio attualissimo coinvolgendo il pubblico, al Riccardo II di Peter Stein, con Maddalena Crippa nei panni maschili del re d’Inghilterra; fino al Macbettu in sardo, ma alla maniera della tradizione elisabettiana, interpretato da soli uomini, per la regia di Alessandro Serra, proposta audace che traspone l’opera nel cuore di un’immaginaria Barbagia.