‘Porta a Porta’ su Rai1 apre, da oggi, 9 gennaio, le interviste ai leader dei partiti. Si comincia proprio oggi, 9 gennaio, alle 23.40 con Luigi Di Maio candidato premier del Movimento 5 stelle. Mercoledì 10 gennaio alle 23.45 Bruno Vespa ospiterà il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi e giovedì 11 gennaio alle 23.55 il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Lo annuncia una nota Rai.
Eliminare i programmi di infotainment dalla campagna elettorale oppure ricondurre tutti i programmi sotto testata a condizione che il conduttore abbia un contratto da giornalista: sono le due soluzioni, che escluderebbero Vespa e Fazio, individuate dal M5S e annunciate dalla relatrice di minoranza al regolamento sulla par condicio, Mirella Liuzzi, in commissione di Vigilanza Rai.
Liuzzi ha ricordato che del tema si è parlato a dicembre, in occasione del parere sul contratto di servizio, e ha chiesto che gli altri partiti si esprimano.
‘M5S porta avanti da tempo questa polemica sui compensi, ma non credo che abbia intenzione di censurare nessuno’, ha detto Michele Santoro rispondendo, nel corso della presentazione di M, a una domanda sulla volontà del Movimento 5 Stelle di escludere dalla contesa elettorale ‘Porta a Porta’ e ‘Che tempo che fa’, poiché i conduttori Bruno Vespa e Fabio Fazio hanno un contratto da ‘artisti’ e perciò non sono sottoposti al tetto ai compensi. Il conduttore ha aggiunto che in campagna elettorale la cosa principale per la gente è essere informati e che in questo caso di tratta di trasmissioni storiche e tradizionali.
‘Il tema della presenza di Fazio e Vespa in campagna elettorale non riguarda la parte della normativa di cui ci stiamo occupando: dovremmo inserire nel regolamento quali programmi vanno ricondotti a testata, ma questo deve farlo l’azienda e non la commissione di Vigilanza Rai’, così il capogruppo Pd nella bicamerale, Vinicio Peluffo, ha risposto negativamente alla proposta M5S di escludere i due anchormen dalla campagna elettorale. La stessa posizione è stata espressa dai dem Salvatore Margiotta e Francesco Verducci (relatore del provvedimento).
Ovvio, e giustificato, il malcontento di Matteo Salvini: ‘Niente. Dopo aver intervistato Renzi, Berlusconi, Di Maio e Grasso, domenica è toccato al premier Gentiloni. Per il signor Fazio, il conduttore più pagato della storia della tivù pubblica (con soldi nostri) la Lega non esiste, e milioni di italiani che la sostengono sono cittadini di Serie B. W la Democrazia… Ci ricorderemo di lui e della sua correttezza’.
C’è stato un record di ascolti per la puntata di domenica 7 gennaio, di ‘Che tempo che fa’, con ospite il premier Paolo Gentiloni: sono stati infatti 4 milioni e 705mila i telespettatori che hanno visto su Rai1 la prima puntata del 2018 della trasmissione, facendo raggiungere al programma uno share del 18,2% e consentendo alla trasmissione di Fabio Fazio di essere la più vista della prima serata.
Con la legge 22 febbraio 2000 n. 28 per la prima volta viene disciplinata in maniera dettagliata la parità d’accesso ai mezzi di informazione e la comunicazione politica durante il periodo elettorale. Viene introdotta l’inedita figura dei Messaggi Autogestiti Gratuiti e a Pagamento (MAG e MAP), i quali hanno lo scopo di sostituire i tradizionali spot con un’esposizione meno spettacolare ma più articolata dei programmi politici. Anche la comunicazione politica (art. 2) viene confinata in apposite trasmissioni improntate sul concetto di pluralismo (tribune e quant’altro), stabilendo una netta distinzione con i programmi d’informazione (art. 5), nei quali è fatto esplicito divieto di fornire indicazioni o preferenze di voto. La competenza sulla programmazione del Servizio pubblico in periodo elettorale rimane alla Commissione Parlamentare di Vigilanza , mentre all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), istituita con la legge 249/97,spetta il compito di disciplinare l’attività delle emittenti radiotelevisive private nazionali e locali, avvalendosi, in quest’ultimo caso, della collaborazione dei Comitati Regionali per i servizi radiotelevisivi (Corerat), in seguito sostituiti dai Comitati regionali per le comunicazioni (Corecom).
Ovviamente è necessaria l’impersonalità della comunicazione perchè non debba essere riconducibile ad un singolo soggetto ma deve essere percepita come proveniente dall’attività istituzionale dell’amministrazione e dalle decisioni dei suoi organi. Il fine, quindi, è quello di evitare, durante il periodo elettorale, una comunicazione istituzionale ‘personalizzata’, che assicuri al singolo esponente, ma anche al partito di cui fa parte, un ritorno d’immagine facilmente spendibile in campagna elettorale. In altri termini, il legislatore ha voluto evitare che l’attività di comunicazione istituzionale realizzata dalla Amministrazione potesse sovrapporsi e interagire con l’attività di comunicazione svolta dai soggetti politici.
In altri termini, durante il periodo elettorale potranno essere consentite solo quelle forme di comunicazione strettamente correlate all’esposizione delle attività amministrative vere e proprie, quelle attività cioè riconducibili alla ‘gestione amministrativa’.
Un recente sondaggio in Italia rivela che la tv viene considerata il mezzo più affidabile sul quale sentir parlare di politica.
Con una buona performance televisiva si conquistano centinaia, migliaia o milioni di cittadini e la portata dipende dalle elezioni, se sono comunali, regionali o nazionali.
In tv si mostra la capacità del candidato di non finire in balia del giornalista, o dell’avversario, inserendo il suo messaggio migliore, utile a persuadere gli elettori.
In questo Silvio Berlusconi è stato un maestro e basterà ricordare quando, ospite di Michele Santoro, spazzolava la sedia dove prima era seduto Marco Travaglio Questo significa avere la capacità di non dare il controllo al giornalista, azzerando l’avversario rendendolo ridicolo e fazioso. Questo fu espresso da Berlusconi in pochi secondi attraverso una gestualità volutamente caricata per presentare il suo messaggio. Vero esempio di comunicazione politica altamente efficace.
E’ chiaro che i temi di cui si parla in una ospitata dibattito tv, durante una campagna elettorale, sono molti. Può sembrare banale, ma, al contrario, bisogna sapere che spesso molti non sanno che le redazioni dei programmi televisivi sono disposte a fornire in anticipo i temi o le domande che faranno durante il dibattito.
L’intervistato, se navigato, raccoglie dati e si prepara a citare statistiche. Alcuni temi escono sempre, come il lavoro, l’immigrazione, la sicurezza e le tasse.
L’ospite ‘navigato’ prepara dei documenti di testo con tutte le risposte alle domande più frequenti. Su questo documento, oltre alle risposte, inserisce statistiche e riferimenti specifici, come date e nomi di leggi, difficili da ricordare a memoria. Le schede, in questo caso, sono uno strumento formidabile e indispensabile.
I grandi comunicatori hanno pochi, chiari messaggi, che ripetono continuamente durante ogni dibattito televisivo.
La televisione è il medium capace di modificare strutture mentali e conseguenti modi di pensiero e comportamenti; e molto più di altri media la televisione è, oltre che veicolo di messaggi, lei stessa il messaggio che attraverso la spettacolarizzazione della realtà e riesce a coinvolgere chi la fruisce.
L’immagine televisiva riduce l’obbligo di dare agli eventi un significato strutturale. Davanti al televisore la maggior parte dei telespettatori non guarda, ma partecipa. La forza prepotente dell’immagine spiega così tre fenomeni del consumo televisivo: la nascita di una ‘telerealtà’, la spettacolarizzazione del reale, l’adozione dei sistemi della pubblicità nella rappresentazione della realtà. L’immagine virtuale della realtà si confonde con l’immagine effettiva e tra chi sta davanti allo schermo e chi sta al di là si stabilisce una specie di intimità, un rapporto che i semiologi e i sociologi chiamano di ‘interazione parasociale’. Il palcoscenico si confonde con la platea e viceversa.
Non era difficile accorgersi che il medium televisivo si dimostrava come lo strumento più idoneo a una comunicazione politica aderente al mutare dei tempi e delle situazioni.
La televisione ha imposto tattiche e strategie politiche diverse. Chi si presenta in un talkshow è un leader, che risponde a se stesso e non necessariamente all’apparato del gruppo di appartenenza e ai suoi presupposti ideologici o politico-culturali. Solo, davanti alla telecamera che lo inquadra, è una figura, un corpo, un volto che entra nelle case di milioni di telespettatori.
‘Porta a Porta’, guidata da Bruna Vespa, ricordiamo, offre approfondimenti sui temi di attualità politica ed economica, sui fatti di cronaca e di costume, sugli eventi e i protagonisti del mondo della cultura e dello spettacolo, come ‘Che tempo che fa’ che, con Fabio Fazio, vanta un successo ottenuto in termini di gradimento e audience che fa sì che il programma divenga un talk show di costume, con interviste ad ospiti italiani ed internazionali, sullo stile dei ‘late show’ d’oltreoceano.
Trasmissioni di grandissimo impatto.
Ovvio che non parliamo di ‘tribune politiche’ ma di programmi a vasto raggio, guidata sì da giornalisti, ma di giornalisti divenuti artisti della comunicazione di ‘costume’, che hanno un grandissimo ascolto, ben unito ad una forte autonomia professionale nell’impostazione degli spettacoli condotti.
Ovvio, per quanto sottolineato, che Vespa e Fazio non godano del favore e del compiacimento dei Cinque Stelle…
Roberto Cristiano