‘Donne che sognarono cavalli’, di Daniel Veronese al Piccolo Bellini di Napoli dal 6 all’11 febbraio

 

 

‘MUJERES SONARON CABALLOS’ uno dei testi piu’ riusciti e rappresentativi dell’opera di Daniel Veronese presenta una qualità di ambiguità e di mistero nella scrittura ed un andamento strutturale abbastanza particolare, tali da richiedere una breve esplicazione per facilitarne la lettura.

Innanzitutto l’architettura dell’ opera contiene uno sfasamento temporale: le scene o quadri sono 5, ma non sono in ordine cronologico, la prima scena ( se vogliamo seguire e comprendere l’andamento della vicenda in senso lineare) è la 3 seguita poi dalla 1,e dalla 2 e poi le altre:cioè riassumendo la sequenza-­‐3,1,2,4,5.

Lucera,il personaggio piu’ giovane,con i suoi monologhi che provano a ricostruire dolorosamente la sua memoria,aiuterà anche a ricostruire l’intera vicenda:Lucera è chiaramente una figlia di desaparecidos,una dei tanti figli di dissidenti tolti di mezzo durante la feroce dittatura militare che ha coinvolto l’Argentina tra il ’76 e l”83,strappati alle famiglie originarie ed affidati ad altre famiglie vicine al regime. Ma questa verità terribile è nascosta dietro ad una situazione ordinario-­‐familiare apparentemente normale:tre fratelli ritrovano con le loro rispettive mogli per un improvvisato pranzo che li riunisce.Bugie,tradimenti,sospetti reciproci, competizioni continue e ridicole,si alternano in un’atmosfera contemporaneamente torbida e tragicomica,fino ad arrivare ad un finale inaspettato e catartico. La Storia però con Veronese (cosi’ come avviene per Cechov-­‐grande classico molto amato dall’autore argentino), rimane all’orizzonte , sullo sfondo, indeterminata, il Politico od il Sociale a Veronese interessano fino ad un certo punto.L’attenzione è sulle relazioni umane,sulla violenza insita nelle relazioni stesse,sul desiderio che ci muove come burattini tirati da invisibili fili,sulle dinamiche banali e quotidiane che possono rivelare inaspettatamente un fondo di orrore.Sull’uomo e sulla donna,sul maschile e sul femminile,su cio’ che conta,come in Cechov ,appunto.

Note dell’autore

Quando ho cominciato a scrivere Mujeres que sonaron caballos alcuni anni fa, sono partito da una strana notizia che mi era arrivata in una forma poeticamente distorta, come falsata: Suicidio collettivo di mammiferi/quadrupedi. All’interno del paese si stava diffondendo in maniera allarmante un’ondata di suicidi collettivi di animali, dei mammiferi, quadrupedi, forti e arroganti. Secondo quell’informazione gli animali si gettavano volontariamente in un precipizio. Silenziosamente. Apparentemente senza alcun motivo. Non era chiaro che tipo di animali fossero, stranamente non veniva precisato e d’altra parte io non ho nemmeno provato a fare delle verifiche. Però, senza dubbio, sentivo che questo evento misterioso aveva a che fare con le persone che avevano vissuto sulla propria pelle la dittatura militare Argentina.

Sentivo che dovevo scrivere sulla necessità di questi mammiferi di stare nell’aria, di sopravvivere per qualche istante nell’aria quando la terra ormai non può più sopportare il peso dei nostri pensieri. Mi intrigava la qualità emotiva di coloro che sopportano e resistono finché possono, però a un certo punto scoprono la possibilità di restituire la violenza che hanno subito. Stando nell’aria in disequilibrio costante, a cosa ci esponiamo? Fino a che punto possiamo arrivare? Che cambiamenti profondi possiamo generare dentro di noi? C’è un nuovo tipo di violenza nell’aria, la vedo, la sento dentro di me e nelle persone che mi stanno accanto. E’ stato allora che ho deciso di scrivere questo testo. Mujeres parla di diversi tipi di violenza che vivono dei personaggi facilmente riconoscibili all’interno di contesti familiari.

Effettivamente l’ho scritto pensando al periodo oscuro della dittatura in argentina, quando scompariva molta gente; però il testo non deve essere associato esclusivamente a questo periodo storico perché si può adattare a qualsiasi tipo di situazione. Il pubblico si riconosce, anche se non completamente, in alcuni aspetti di questa famiglia. Il lavoro sulla scena è per me un terreno di rivelazione ed esplorazione di tutti questi sentimenti censurati e amorali che spesso non ci è permesso di esprimere. Alla fine del lavoro qualcosa forse riesce a farmi sentire perché delle cose attorno a me sono come sono. Mi interessa di più commuovere lo spettatore piuttosto che spiegargli qualcosa. Meno freddezza, più cuore.”

Daniel Veronese

 

Note di regia

Un’opera teatrale inizia ad accadere sulla scena. Non succede nella testa dell’autore, né in quella del regista e nemmeno in quella degli attori. Accade proprio lì, sulla scena. Il teatro è quello che succede non quello che si dice. Teatro è accadimento. Noi non siamo abituati a vedere questo. Siamo abituati a vedere cose finte. La gente va a vedere delle falsità. Siamo abituati a essere molto comprensivi con il teatro. Non sto dicendo che sia facile o che io riesca ad ottenerlo, però la mia intenzione è riuscire a creare un tipo di realtà che ha a che fare con questo…

Questa riflessione poetica di Daniel Veronese mi tocca da vicino, sento che ha che fare con il mio percorso. Anche nei miei precedenti lavori vedevo nel realismo scenico e nella tensione verso un principio di verità scenica gli elementi fondamentali della mia ricerca. Mujeres sonaron caballos è un testo complesso, volutamente ambiguo, con un’architettura quasi inesplicabile ed una struttura indeterminata, una anti struttura. Nonostante ciò il testo deve essere attuato dagli attori in una modalità vitale, immediata, spontanea, lontana da ogni forma di estetica surreale. La realtà, innanzitutto, la vita prima di ogni altra cosa. In quest’opera gli enigmi non vengono risolti e i nodi non sono mai sciolti. Del resto ci sono risposte alla crudeltà? All’ineluttabilità della violenza? Non credo. Nel mistero della vita forse troviamo qualcosa.

Ho provato a lavorare con gli attori partendo dal loro vissuto, ho cercato di costruire un gruppo forte che potesse ricreare in scena delle relazioni forti, reali, vive. L’obiettivo – spero riuscito – è che gli spettatori sentano di essere dentro questa piccola stanza accanto ai sei personaggi. Come se partecipassero direttamente a questa strana cena in un microcosmo violento e nello stesso tempo ironico, ricco di humor nero. In Mujeres, la violenza nella famiglia e nelle coppie rima con la violenza della Storia. La stanza è veramente piccola, manca l’aria, è asfissiante, viene voglia di fuggire, di andarsene lontano come Lucera.

Fuggire dalla violenza, una volta per tutte.

Roberto Rustioni

 

DONNE CHE SOGNARONO CAVALLI

 

di Daniel Veronese

Adattamento e regia: Roberto Rustioni

Con: Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni,

Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias/Federico Benvenuto

Assistente alla regia: Soraya Secci

Scene e costumi: Sabrina Cuccu

Assistente scenografo: Sergio Mancosu

Luci: Matteo Zanda

Co-produzione: Sardegna Teatro, Fattore K , Festival delle Colline Torinesi

 

 

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