Matteo Salvini (R), during the first session of the XVIII legislature in the Senate chamber, in Rome, Italy, 23 March 2018 ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Il ‘Salvinismo’ spinto verso il Governo, ma senza forzature…

La prossima settimana assisteremo a grandi manovre dei partiti che, con le consultazioni, entreranno nel vivo per la ‘partita’ governo. Come noto   Berlusconi apre a un governo Salvini escludendo l’ipotesi di una alleanza esclusiva  Lega-M5s.

Salvini risponde al leader forzista ostentando calma: ‘Non è o Salvini o la morte. A me  interessa che l’Italia cambi. Sono pronto a metterci la faccia in prima persona e lavorare 24 ore su 24. Ma siccome voglio il cambiamento non è o Salvini o la morte. La coalizione che ha vinto è quella di centrodestra. Anche se non ha i numeri sufficienti per governare da sola ha vinto, quindi si parte dal programma di centrodestra. E all’interno del centrodestra l’accordo era che chi prendeva un voto in più esprimeva il premier. Sono pronto ma non voglio fare il presidente del Consiglio a tutti i costi, con tutti perché altrimenti mi ammalo. Lo faccio se c’è la possibilità di approvare le leggi per cui gli italiani mi hanno dato il voto. Altrimenti se mi dicono va a fare il presidente di un governo dove ci son dentro tutti quanti e poi vediamo che cosa si riesce a fare in un anno’.

Sono pronto, ritengo ci sia una squadra pronta, aggiunge in seguito,  ironizzando sulla figura dell’ ircocervo con la quale Silvio Berlusconi,  ha definito un’eventuale alleanza Salvini-Di Maio: ‘Sarebbe un ircocervo, l’animale mitologico spesso citato dai filosofi antichi come esempio di assurdità, perché in esso convivono caratteri opposti e inconciliabili. E poi perché Salvini dovrebbe fare il socio di minoranza di un governo Cinque Stelle? Non credo che l’elettorato di centrodestra lo perdonerebbe. Ma si tratta di ipotesi del tutto teoriche, con il leader della Lega e con Giorgia Meloni abbiamo accordi chiarissimi: è il centrodestra unito che lavorerà per una soluzione della crisi e per assicurare un buon governo all’Italia’.

Chi ci ha votato,  ha spiegato Salvini,  ci ha dato fiducia per fare delle cose come l’abolizione della legge Fornero e su questo vediamo in Parlamento chi ci sta. Rispetto all’elezione dei presidenti delle Camere  è un altro paio di maniche. Chi mi dà una mano a cancellare la legge Fornero? Su la mano in Aula. C’è una maggioranza: io andrò dal presidente della Repubblica con i nostri 10 punti più importanti, la riforma della scuola, del lavoro ed altro, come citato nel programma.

Per ora i 5 Stelle si sono dimostrati affidabili. Io le persone le giudico dai fatti, non dalle parole. Poi nei fatti, nei numeri uno si dimostra affidabile o non affidabile,   quello che hanno detto, hanno fatto. Come Di Maio e Grillo hanno detto,  Salvini ha dato una parola e l’ha mantenuta, io apprezzo la gente che dice una cosa e poi la fa,  e questo vale anche per Berlusconi: alla fine abbiamo chiuso con il centrodestra compatto.

Berlusconi, come detto, esclude un’alleanza Salvini-Di Maio e lo dice in modo esplicito e diretto: ‘Dopo elezioni laceranti che hanno creato uno scenario parlamentare e politico molto complesso e confuso, si è riusciti a mettere in sicurezza le massime cariche istituzionali con una larghissima convergenza parlamentare, ed anche ad eleggere per la prima volta nella storia una donna alla seconda carica dello Stato. Per il centrodestra perché ha dimostrato di saper ragionare da coalizione, coerentemente con il mandato degli elettori.  È un impegno preso verso gli elettori. Del resto, ci siamo presentati con un programma comune che siamo tenuti reciprocamente a rispettare. Sarebbe incomprensibile se rompessimo un’alleanza per una questione non ricompresa nel patto elettorale. Salvini ha il diritto e il dovere di provare a formare un governo, per attuare i programmi che abbiamo proposto agli italiani. I cittadini attendono risposte sul lavoro, sulle tasse, sulle soglie di povertà, sull’emergenza criminalità. La classe dirigente deve dimostrare di aver capito la lezione. Matteo è un leader pragmatico e intelligente: sa benissimo che il centrodestra non vince senza una forte componente moderata. Un partito unico escluderebbe necessariamente almeno una parte degli elettori che ci hanno votato perché alleati leali, ma distinti. Voglio essere più chiaro: il nostro futuro si chiama Forza Italia. Nei prossimi mesi ed anni, proprio per la confusa situazione politica che si è determinata, vi sarà ancora più bisogno di una forza tranquilla, responsabile, coerente, in grado di influenzare gli indirizzi politici e di governo del Paese. Attueremo una profonda riorganizzazione del nostro movimento politico, e una nostra più capillare presenza sui territori, valorizzando i nostri amministratori, i nostri dirigenti migliori e più fedeli. La Lega sa che la possibilità di governare dipende proprio dall’unità del centrodestra. Se la coalizione si rompesse, oltre ad essere tradito il mandato degli elettori, nessuno di noi avrebbe più titolo per rivendicare la guida del governo’.

Berlusconi, come un indiano, testa a terra, ascolta il territorio che gli parla di eventuali frane e possibili crepacci che spingerebbero gli esponenti di spicco di Fi verso la Lega e, seppur con finta certezza, immagina un futuro targato Forza Italia. Sarà così?. Chi scrive non lo crede possibile.

Lucia Annunziata è stata, come al solito, brillante battezzando una nuova categoria politica: ‘Il Salvinismo’, che sblocca le situazioni a suo favore. Un misto di forzatura, calcolo, imprevedibilità e azzardo,  che, come dice l’Annunziata,  ne ha fatto il protagonista di questo primo round post elettorale, la elezione dei Presidenti di Senato e Camera: ‘Salvini si è trovato spinto dai risultati delle urne elettorali nella posizione scomoda che conosciamo: essere il primo partito, con il 18 per cento, in una coalizione del 37 per cento, ancora dominata dal prestigio e dalla macchina politico economica di Silvio Berlusconi, leader in calo di consensi, di freschezza anagrafica, ma non di ambizioni. Posizione quasi insostenibile,  rimanere potrebbe significare essere messo a balia da Silvio, uscire significherebbe diventare il leader di un partito del 18 per cento, con unica possibilità quella di diventare partner di un Cinque Stelle con il 33’.

 Nelle categorie tradizionale della politica esiste la regola per cui la leadership di un’area politica, dopo un voto, la si consolida, stabilisci contatti, apri discussioni, proponi alleanze e piani. Entri insomma dentro le dinamiche di questa area, e provi a stabilizzarle a tuo favore.

Salvini invece ha fatto il contrario: ne è uscito fuori. Con dichiarazioni pubbliche ha ribaltato lo schema, rifiutando Romani, così da dare soddisfazione alle richieste M5s, ottenendone i voti,   dando conto alla pubblica opinione di quello che faceva, con un indovinato refrain politico di fedeltà al centrodestra: ‘Noi non chiediamo poltrone per noi: stiamo solo mettendo alla prova il M5S, che fin qui ha rifiutato Romani, e lavorando a raggiungere l’obiettivo che Berlusconi vuole, la presidenza del Senato a uno dei suoi’. In termini discorsive e correnti: ‘Una paraculaggine messa in  chiaro sotto le luci delle Tv e davanti ai taccuini dei giornalisti’.

Salvini si rivolge al voto di opinione, predicando al di ‘fuori’ della politica, riversando poi il peso di questo voto di opinione ‘all’interno’ del circuito politico.

Dopo l’apertura delle urne è ripartito per una coda di tour elettorale, invece di sedersi a tavoli, o caminetti. Facendo montare il suo consenso pubblico, allargando il suo perimetro a vere e proprie trattative con i pentastellati mentre Silvio Berlusconi li attaccava.

Il risultato finale ha un doppio e forse triplo segno per tutti i protagonisti: Forza Italia ha avuto al Senato, come aveva chiesto, una berlusconiana di ferro, ma il Cavaliere ha subito un bel taglio dei suoi voleri. I Pentastellati, come volevano, hanno ottenuto la cancellazione di Romani e alla Camera hanno eletto Fico. Ma le prove d’amore di Salvini hanno avuto il caro prezzo di ridurli al traino di quel che succedeva dentro il centrodestra. In pratica, una sminuizione di ruolo.

Il leader leghista può dire di aver guadagnato per sè e per la sua coalizione la posizione migliore per l’incarico al centrodestra, quando inizieranno le consultazioni.

Dimostrando, anche, che il centro destra è oggi l’area, e l’arena dentro cui si stanno decidendo i giochi. La partita delle leadership tra Lega e Forza Italia è il motore che può sbloccare una situazione di governo, con Salvini che smessi gli abiti del populista, indossa gli abiti curati del protagonista politico.

Ne più. ne meno…

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