Regioni sempre più inutili: in 6 anni la spesa per investimenti crolla del 32%

Regioni indietro tutta sulle spese finali. Una drastica riduzione – 1,5 per cento tra il 2009 e il 2015 – innescata sia dalle esigenze di contenimento del debito sia dagli effetti della crisi economica. A rimetterci, nei sei anni esaminati, le sole spese per investimenti crollate addirittura del 32 per cento. In compenso, è rimasta invariata la spesa corrente, i cui impegni nel 2015 superavano del 3,1 per cento quelli del 2009, È quanto emerge dal Rapporto sui bilanci regionali, curato dall’Ires per conto della Cgil e presentato  a Roma a due anni dall’avvio della riforma per l’armonizzazione dei documenti contabili.

Le misure restrittive di finanza pubblica indotte per il contenimento del debito pubblico hanno imposto, tra l’altro, un generale ripensamento delle modalità di tenuta dei conti pubblici e di redazione degli strumenti di programmazione regionale normalmente adottati. Il loro riordino si è reso necessario ed indispensabile ed ha portato gli Enti territoriali ad adottare comuni regole di contabilizzazione delle operazioni di bilancio e di programmazione dei propri obiettivi strategici. Questi cambiamenti sono regolati, oltre che da disposizioni normative, anche da principi contabili che contengono prescrizioni e principi, talvolta anche molto restrittivi. In questo periodo  solo alcuni enti hanno deciso di aderire alla sperimentazione e di anticipare così la revisione.

La necessità di rivedere il processo di programmazione regionale non è certo una esigenza recente; tuttavia, il suo soddisfacimento assume oggi una nuova importanza. I primi modelli si sono rilevati inefficaci al punto che né il decentramento del potere politico e della responsabilità della spesa ai livelli di governo inferiori né la revisione della loro
disciplina non hanno portato i risultati auspicati. La limitata capacità tecnica ed organizzativa o la carenza di risorse finanziarie hanno indotto molti programmatori regionali a sviluppare competenze molto settoriali e specifiche, di tipo prevalentemente finanziario oppure negoziale di concerto anche con il governo nazionale.

 

Il bilancio di esercizio o pluriennale o gli accordi negoziali sono diventati così veri e propri strumenti di orientamento strategico dell’azione degli enti, senza però che si integrassero o mostrassero i risultati di efficacia di azioni e di politiche.
Nel tempo, tale debolezza metodologica è venuta in parte meno grazie alla proliferazione di iniziative di programmazione strategica che ha indotto gli amministratori a rivedere le scelte nella direzione della concertazione locale e della governance multilivello per la realizzazione di progetti di sviluppo sociale ed economico.

Moreno Manzi

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