Donald Trump è costretto a difendersi dal fuoco nemico del New York Times e da quello amico dell’ex sindaco della Grande Mela, Rudolph Giuliani. Secondo il quotidiano, infatti, il capo di Stato Usa sapeva dell’assegno a sei zeri staccato dal suo legale, Michael Cohen, diversi mesi prima che Donald negasse pubblicamente – a bordo dell’Air Force One e davanti a diversi reporter – di essere a conoscenza di qualsiasi transazione a favore della star a luci rosse.
In un’intervista televisiva Giuliani si è lasciato scappare che il presidente avrebbe rimborsato Cohen per i pagamenti a Stephanie Clifford, conosciuta nell’ambiente come Stormy Daniels. L’ex sindaco di New York ha detto che il rimborso a Cohen è stato tra i 460mila e 470mila dollari, non specificando la destinazione dei soldi a parte i 130mila dollari versati alla Clifford. Le affermazioni dell’ex sindaco sono in netto contrasto con quanto sostenuto finora da Donald e dalla Casa Bianca, che hanno sempre negato di essere a conoscenza dell’accordo con la pornostar.
Allen Weisselberg, il direttore finanziario della Trump Organization, sapeva fino dallo scorso anno i dettagli dei rimborsi a Cohen, che venivano elargiti in tranche da 35mila dollari al mese, prelevati direttamente dal fondo personale del presidente. Un fatto, fa notare ancora il New York Times, che potrebbe far allargare l’inchiesta federale sulle attività del legale del tycoon.
La rabbia di Trump non ha tardato a scatenarsi: ‘Tutto ciò che è stato detto è stato fatto in modo sbagliato o è stato raccontato male dalla stampa. Giuliani ha cominciato da poco. È un bravo ragazzo, dovrà informarsi correttamente’. L’ex sindaco di New York ha fatto marcia indietro e ha ritrattato anche sul fatto che i pagamenti a Stormy Daniels fossero motivati da convenienze politiche. Dettaglio non da poco, visto che è proprio la natura delle transazioni a essere fondamentale per capire se sia stata violata o meno la legge. Pagare il silenzio di Stormy per paura di una ricaduta sulle speranze elettorali di Trump potrebbe infatti essere considerato un illecito.
Se l’inchiesta dovesse stabilire che il pagamento del silenzio è a tutti gli effetti una spesa elettorale, allora il modo in cui i fondi sono stati elargiti potrebbe diventare determinante. Cohen, infatti, aveva più volte ribadito come né la campagna né la Trump Oragnizagtion fossero coinvolte nell’accordo. Affermazione ora contraddetta da Giuliani. Secondo la legge americana sulle campagne elettorali, Trump poteva pagare la Clifford per proteggersi, ma avrebbe dovuto formalmente inserire la transazione nell’elenco pubblico dei pagamenti effettuati. Se invece il presidente avesse invitato il suo avvocato a pagare Stormy Daniels a suo nome, questa spesa potrebbe essere considerata illegale, anche se poi il tycoon ha rimborsato il legale. Qualsiasi coinvolgimento da parte della Trump Organization complicherebbe ulteriormente il quadro legale, visto che la legge elettorale americana è la più severa in assoluto quando si tratta di coinvolgimento delle imprese con le campagne politiche. Le aziende, infatti, non possono assolutamente donare direttamente alle campagne o coordinarsi con loro.