Medio Oriente e guerra preventiva

La guerra preventiva  è il tentativo di respingere o sconfiggere un’offensiva o un’invasione percepita come inevitabile, o per ottenere un vantaggio strategico in un’imminente guerra prima che la minaccia si materializzi.

 Non abbiamo mai smesso di praticare la guerra preventiva e l’ultima versione è quella praticata anche in queste ore da Israele: oltre 100 incursioni aeree sulla Siria perché, dicono, l’Iran sta organizzando basi militari con la complicità di Bashar al-Assad.
 Ora ci siamo dentro anche noi italiani.   La Nato e gli Usa, con il corollario dei Baltici, della Polonia, del Regno Unito e a giorni alterni di Francia e Germania, ci ripetono ogni giorno che la Russia  vuole distruggere la democrazia europea e il sistema di vita occidentale, ha fatto eleggere i populisti, ha corrotto le elezioni americane, protegge i dittatori e, soprattutto, ha una voglia matta di penetrare in Europa.
Jens Stoltenberg, il segretario generale della Nato ha appena chiesto ai Paesi della Ue di adeguare strade e ponti perché ci possano passare carri armati e armamenti pesanti in vista di una guerra. In Europa ci sono 180 testate nucleari americane e ben settanta si trovano in Italia, l’unico Paese europeo con due basi nucleari, una a Ghedi (provincia di Brescia) e l’altra ad Aviano (Pordenone).

 Gentiloni quando Usa, Francia e Regno Unito hanno detto che avevano un sacco di prove sui bombardamenti chimici di Assad contro la città di Douma,  ha detto che non possiamo mollare la Nato e gli Usa, sono i nostri alleati e per quello abbiamo offerto assistenza agli aerei mandati a bombardare la Siria dai tre ‘impavidi’ difensori della democrazia.

Che faremo se, per fare un solo esempio, le sanzioni Usa dovessero colpire l’Eni, visto che il nostro principale import dall’Iran è il petrolio?

La Ue,  l’Onu e la Russia dicono che l’accordo firmato nel 2015 sul nucleare funziona e l’Iran rispetta i patti. Gli Usa dicono l’esatto contrario, escono dal Trattato e minacciano nuove sanzioni, da estendere anche alle aziende non americane che commerciano con l’Iran. Se le sanzioni Usa dovessero colpire l’Eni cosa faremo, visto che il nostro principale import dall’Iran è il petrolio? Nel 2011 il nostro volume d’affari con l’Iran era di 11 miliardi, poi il crollo, dopo il 2015 la ripresa fino a una stima, per il 2018, di tre miliardi. In caso di conflitto che faremo? Ci inchineremo agli interessi dei cari alleati o faremo quelli del nostro Paese?

 Se la guerra a bassa intensità tra Israele e Usa contro l’Iran e gli sciiti libanesi di Hezbollah si sviluppa in una guerra vera, noi che facciamo? Da Paese europeo, abbiamo detto che l’accordo con l’Iran è buono e funziona, peccato che gli Usa dicano il contrario e di noi se ne freghino. Se Trump e Netanyahu decidessero di invadere un pezzo di Libano e uno di Siria o di bombardare l’Iran stesso in base alle convinzione che noi riteniamo errata, noi che faremmo? Gli concederemmo le basi? Manderemmo i nostri bombardieri (Libia 2011) o i nostri soldati (Afghanistan 2001, Iraq 2003) ad aiutarli? Noi che sull’Iran pensavamo proprio il contrario?

Siamo in guerra e manca una sola cosa: che ce ne accorgiamo.

Circa Redazione

Riprova

Conferenza sulla solidarietà europea ad Arad, Romania

Per due giorni, il 4 e 5 settembre, la città di Arad, sita nell’ovest della …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com