Aborto libero, trionfo dei ‘sì’ in Irlanda

E’ iniziato stamane il conteggio dei voti del referendum sull’aborto in Irlanda. Ma già ieri sera gli exit poll avevano sancito la netta vittoria del sì all’aborto libero, con il 68% rispetto al 32% dei voti contrari.

Un giorno ‘storico’, agli occhi di molti. Di sicuro un passaggio destinato a segnare un’epoca tanto per i vincitori quanto per gli sconfitti, e soprattutto per le donne. L’Irlanda, terra di secolari radici cattoliche incamminata sulla scia del resto d’Europa verso la secolarizzazione, ha deciso oggi a larghissima maggioranza in favore dell’aborto libero in un referendum che ha diviso la sua gente, ma certo non a metà.

Gli exit poll non lasciano margini di dubbio: 68% contro 32 stando a quello realizzato da Ipsos per l’Irish Times, addirittura 69,4% contro 30,6 secondo la tv pubblica Rte. Un voto per voltare pagina insomma, che suggella il trionfo del fronte favorevole all’abrogazione dell’articolo 8 della Costituzione, sulla tutela della vita del nascituro, introdotto nel 1983 per cementare il divieto di fatto dell’interruzione della gravidanza, salvo casi eccezionali di pericolo diretto per la vita della madre. Un divieto che per anni aveva significato viaggi all’estero a migliaia per chi voleva abortire.

Molti sono i motivi che portano una donna sulla strada dell’aborto. Decidere di avere un figlio è una scelta importante e una donna ha il diritto di scegliere se quello è il momento giusto, oppure no. Una volta che un test di gravidanza dà la conferma, la prima cosa da fare, se si vuole abortire, è rivolgersi ad un consultorio familiare, al medico di famiglia o a un medico di fiducia.

Ovviamente, l’aborto non è una decisione facile da prendere. Non è da sottovalutare l’aspetto psicologico, perché comunque è una scelta molto difficile da affrontare. Ma vediamo nel concreto cosa si deve fare quando si decide di abortire in Italia.

Con la Legge 194 del 1978 si è stabilito che una donna può effettuare un’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica entro i primi 90 giorni e se è un aborto terapeutico entro il secondo trimestre. Dopo il colloquio, il medico rilascerà un certificato e ci sarà una pausa di riflessione di sette giorni, proprio per valutare con calma se fare l’interruzione o se c’è qualche ripensamento. Se si è minorenni bisogna essere accompagnati da un genitore, oppure nel caso in cui non ci siano i genitori o non li si voglia informare, è l’assistente sociale che si rivolgerà al giudice dei minori, per far sì che quest’ultimo rilasci un certificato per l’autorizzazione all’aborto.

Con il certificato fatto dal medico, si può già cercare quale ospedale o quale struttura convenzionata è più adatta a fare l’intervento. Di solito, sono stesso i consultori a scegliere quella più idonea. Per gli effetti della Legge 190, l’Agenzia di tutela della salute (Ats, ex Asl) ha il dovere di fare tutte le procedure per l’aborto, se poi il dottore sul certificato pone la dicitura ‘urgente’, si può anche non aspettare i 7 giorni, ma andare direttamente ad abortire. Di solito questo intervento viene fatto in regime di day hospital, senza ricovero.

È possibile scegliere se eseguire l’intervento in anestesia generale o locale, di solito il metodo più usato è quello di Karman che prevede l’aspirazione del contenuto presente nell’utero e di un leggero raschiamento di pulizia. Un altro metodo abortivo è quello farmacologico, con la pillola RU-486, un trattamento che causa il distacco del feto dall’utero. La RU-486 non è la pillola del giorno dopo, che viene assunta dopo il coito e non in presenza di gravidanza. La Ru486 è una pillola che consente di abortire farmacologicamnete, alternativa all’intervento vero e proprio. Ma le regole burocratiche ne rendono quasi impossibile l’utilizzo. Solo in tre regioni si procede in day hospital, per il resto è prevista una degenza di tre giorni. Inoltre a differenza degli altri Paesi esiste l’obbligo di prenderle entro 7 settimane, e non nove,  e di far trascorrere una ‘pausa di riflessione’ tra la richiesta e l’assunzione.

Il 28 settembre viene celebrata in tutto il mondo la Giornata per l’aborto libero e sicuro, a scopo di difendere il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e per la sua depenalizzazione visto che  in molti Paesi resta una pratica illegale. Il Italia l’aborto è tutelato dalla legge, almeno sulla carta, perché in pratica si deve fare conto con la media nazionale dei medici obiettori di coscienza che ha raggiunto il 70%, con picchi di oltre il 90% (Molise, Trentino Alto Adige e Basilicata). La Regione Lazio finora è stata l’unica a indire il concorso per i medici non obiettori per tutelare questo diritto. Di passi avanti per garantirlo effettivamente a tutte quelle che lo scelgono, ne restano ancora da fare. La richiesta di abortire per una donna non dovrebbe essere trattata come una lotteria che dipende dalla fortuna della paziente o dal posto dove vive.

La giornata di bel tempo, almeno per gli standard irlandesi, ha favorito, come speravano i sostenitori del sì, l’affluenza attestatasi alla fine attorno al 70%. In uno scenario per certi versi simile a quello di un altro referendum contrastato e assai simbolico, sfociato giusto tre anni fa nel via libera ai matrimoni gay.

 I 6.500 seggi sono stati aperti alle 7 locali per chiudere alle 22 (le 23 in Italia). E il risultato ufficiale è atteso per la mattinata. Ma i giochi sono fatti, la scelta di campo degli elettori della Repubblica (3,3 milioni gli aventi diritto) pare essere stata ancora ancor più netta del previsto, malgrado le divisioni di una campagna referendaria che ha lacerato la coscienza nazionale, il tessuto sociale, il retroterra etico e la tradizione religiosa di un popolo. Tutto deciso da un quesito secco e dalla risposta di circa due terzi dei votanti all’alternativa fra sì e no (‘ta’ o ‘nil’ in gaelico, ‘yes’ o ‘no’ in inglese) proposta sulle schede.

In rete si sono  riproposti gli schieramenti: a favore della liberalizzazione d’un progetto di legge già pronto tutti i leader istituzionali, i maggiori partiti,  pur con la clausola della libertà di coscienza per deputati e militanti obiettori, i media che contano, le star irlandesi del jet set internazionale; contrari i movimenti per la vita, singoli dissidenti di partito e gruppi cattolici. Ma con la gerarchia spesso defilata, oltre che azzoppata nella sua autorità morale da anni di scandali e insabbiamenti su pedofilia e non solo.

Antonella Di Pietro

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