Filippine: autobomba uccide 10 persone nel sud del paese

Un furgone imbottito di esplosivo e’ esploso oggi nel Sud delle Filippine, al passaggio presso un posto di blocco dell’Esercito destinato proprio a individuare eventuali minacce dinamitarde. La deflagrazione ha causato la morte di un militare, cinque miliziani governativi e quattro civili, stando al bilancio fornito dal portavoce militare regionale, tenente colonnello Gerry Besana. L’attentato dinamitardo si e’ verificato a Colonia, una cittadina presso la provincia insulare di Basilan. Il posto di blocco, ha spiegato il portavoce dell’Esercito, era stato predisposto proprio sulla base di informazioni di intelligence che mettevano in guardia da possibili attacchi dinamitardi. Al momento nessun gruppo terroristico ha rivendicato l’attentato, che date le tempistiche pare pero’ una risposta al provvedimento del governo che concedere l’autonomia alla nuova provincia di Bangsamoro, nell’isola di Mindanao a maggioranza musulmana.

I leader del Fronte di liberazione islamico Moro, il principale gruppo separatista islamico delle Filippine, si sono espressi pubblicamente domenica a sostegno del nuovo provvedimento approvato dal governo filippino, che concede l’autonoma amministrativa all’isola di Mindanao, principale territorio a maggioranza musulmana del paese. Il Fronte Moro, che quattro anni fa aveva firmato un accordo di pace con Manil, ha chiamato a raccolta decine di migliaia di sostenitori dalla zona meridionale di Mindanao per avviare una vasta campagna a supporto del provvedimento. Il presidente firmato dal presidente filippino Rodrigo Duterte concedera’ l’autogoverno ai musulmani a partire dal 2022, una misura che dovrebbe portare all’archiviazione di un conflitto costato la vita a 120mila persone nell’arco di mezzo secolo.

Il presidente delle Filippine, Rodrigo Duterte, ha annunciato la scorsa settimana di aver firmato la legge che istituisce una nuova regione islamica autonoma nell’isola di Mindanao. La misura punta a placare la piaga dell’estremismo religioso violento in quell’area del paese, teatro lo scorso anno dell’assedio alla citta’ di Marawi, occupata dalle milizie islamiste pro-Stato islamico. Duterte ha annunciato la firma del provvedimento durante una visita a Zamboanga Sibugay, una provincia nella parte meridionale di Mindanao. Nei prossimi giorni il governo dovrebbe organizzare delle cerimonie formali per dare adeguato risalto alla nascita della nuova regione amministrativa, battezzata Regione autonoma di Bangsamoro. L’entrata in vigore del provvedimento dovrebbe segnare la fine della guerriglia pluridecennale del Fronte islamico di liberazione Moro, che si batteva per una maggiore autonomia dopo aver rinunciato alla secessione dalle Filippine. Il gruppo armato, che si batte per l’autodeterminazione dal 1977, conterebbe ad oggi circa 30mila combattenti.

Il Congresso delle Filippine ha approvato il 30 maggio scorso l’istituzione di una regione islamica autonoma nel sud del paese, un passo decisivo che dovrebbe condurre, nelle intenzioni di Manila, alla fine di un sanguinoso conflitto separatista durato mezzo secolo. La legislazione che prevede la nascita della nuova regione autonoma nell’isola di Mindanao, teatro lo scorso anno del sanguinoso assedio alla citta’ di Marawi, era bloccata da anni al Congresso; il presidente filippino, Rodrigo Duterte, si era schierato a favore del provvedimento, battezzato “Bangsamoro Basic Law” (“Legge fondamentale di Bangsamoro”), minacciando di rassegnare le dimissioni entro un mese, se il Congresso non avesse approvato di legge entro la fine di maggio. Entrambe le Camere del Congresso filippino hanno apportato alcune modifiche finali al disegno di legge, che ha ottenuto il via libera al termine di fatto dell’attuale sessione legislativa.

Istituire una Regione autonoma di Bangsamoro consentira’ alla maggioranza musulmana del Mindanao Occidentale di eleggere un governo autonomo con poteri in materia di tassazione e sfruttamento delle risorse locali. Il confitto tra lo Stato filippino e i separatisti islamici interessa l’isola di Mindanao dal 1969, quando i ribelli si organizzarono in una milizia poi battezza Fronte di liberazione islamico Moro (Milf). In circa cinque decadi, il conflitto tra i separatisti islamici e le forze governative ha causato la morte di oltre 100mila persone, e perdite economiche stimate in 13 miliardi di dollari. Una pace duratura consentirebbe a Mindanao di recuperare la propria arretratezza economica rispetto al resto del paese.

Il governo e i gruppi ribelli islamici avevano raggiunto un primo accordo per la cessazione delle ostilita’ nel 2014, durante la presidenza di Benigno Aquino; le violenze erano pero’ riprese l’anno successivo, quando i ribelli avevano ucciso 44 agenti di Polizia in uno scontro a fuoco. Proprio in quell’occasione, la legge per l’istituzione della regione autonoma di Bangsamoro si era arenata al Congresso. Duterte, nativo proprio di Mindanao, ha espresso comprensione per le posizioni della comunita’ musulmana locale, e si e’ detto deciso a rilanciare il processo di pace. L’ascesa del terrorismo islamico e di gruppi ideologicamente ancor piu’ radicali, come lo Stato islamico, ha reso l’approvazione del provvedimento un tema ancora piu’ urgente. Il gruppo Maute, una branca radicale del fronte Moro che ha giurato fedelta’ allo Stato islamico, e’ la responsabile dell’occupazione di Marawi dello scorso anno, culminata in un assedio di cinque mesi che ha portato alla completa devastazione della citta’.

Il gruppo Maute, una delle principali organizzazioni terroristiche di matrice islamica delle Filippine meridionali, e’ stato duramente sconfitto nel corso dell’assedio di Marawi, lo scorso anno, ma nel sud del paese sarebbero ancora attivi almeno 23 gruppi islamisti affiliati allo Stato islamico. E’ quanto affermano fonti anonime d’intelligence citate dal sito d’informazione “Benar News”m secondo cui questi gruppi si stanno riorganizzando sotto il vessillo nero dell’Isis proprio per vendicare la sconfitta dello scorso anno. L’assedio di Marawi, durato cinque mesi, ha costretto alla fuga oltre 350mila persone, e il costo per la ricostruzione della citta’ devastata dai combattimenti e’ stimato in 1,1 miliardi di dollari.

“Ora (i gruppi affiliati all’Isis) si stanno riorganizzando in maniera aggressiva tramite il reclutamento e il riaddestramento per ristabilire il loro obiettivo di consolidare una roccaforte nella regione dell’Asia Sud-meridionale”, ha dichiarato il mese scorso la fonte d’intelligence. Tra i gruppi figura quello dei Combattenti islamici per la liberta’ Bangsamoro (Biff) e Abu Sayyaf. Un portavoce del fronte di liberazione nazionale Moro (Mnlf), che ha firmato un accordo di pace col governo filippino nel 2014, afferma che quando diverra’ operativo il provvedimento per l’autonomia di Mindanao, dal mese prossimo, sara’ possibile contrastare piu’ efficacemente il radicalismo islamico, riducendo il sostegno di cui gode presso le comunita’ musulmane dell’isola. Per ora Mindanao resta soggetta alla legge marziale varata dal presidente Filippino Rodrigo Duterte durate l’assedio di Marawi, che dovrebbe scadere alla fine del 2018.

La nascita della regione autonoma di Bangsamoro dovrebbe anche contribuire a promuovere i piani di Duterte per la riforma federale dello stato. Questa settimana il presidente delle Filippine ha espresso pubblicamente il proprio sostegno a una proposta di riforma della Costituzione tesa a introdurre il decentramento dei poteri amministrativi e sostenere cosi’ lo sviluppo economico delle regioni periferiche del paese. Durante il suo terzo discorso annuale sullo stato della Nazione, Duterte ha chiesto il sostegno dei filippini al progetto che trasformerebbe il paese in uno Stato federale, superando la struttura istituzionale centralizzata attualmente in vigore. “Sono fiducioso che il popolo filippino ci sosterra’ quando introdurremo questa nuova legge fondamentale”, ha detto il presidente durante il suo attesissimo discorso pubblico, ritardato di un’ora a causa di un cambio inatteso della leadership parlamentare.

Il comitato consultivo chiamato da Duterte a studiare la modifica della Costituzione ha completato la bozza di riforma della Carta in senso federale il 3 luglio scorso, dopo cinque mesi di lavori. Tra i concetti che verrebbero introdotti dalla vasta riforma dell’apparato istituzionale figurano l’equa rappresentanza delle regioni federate al senato, e una riforma economica che conferirebbe ai governi locali piena autorita’ nella pianificazione dello sviluppo socioeconomico, incluse, tra le altre, la tassazione e le norme legate all’attivita’ imprenditoriale. Duterte ha ricevuto una copia della proposta di riforma costituzionale il 9 luglio scorso, e ne ha pubblicamente appoggiato i contenuti per la prima volta nella giornata di ieri. La nuova Costituzione, ha detto il presidente, dara’ ad ogni filippino un’opportunita’ di crescere economicamente a prescindere dallo status sociale, dal credo religioso e dall’ideologia.

La nuova Costituzione federale, ha detto Duterte, “personifichera’ davvero le aspirazioni ideali dell’intero popolo filippino. L’economia delle Filippine e’ tra le piu’ dinamiche della regione asiatica, ma pecca gravemente di inclusivita’. L’area metropolitana di Manila e le due province limitrofe, da sole, rappresentano il 70 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Duterte, primo presidente originario dell’isola meridionale di Mindanao, ha promesso un aumento della spesa pubblica nelle aree rurali, Al momento, pero’, il piano per la federalizzazione delle Filippine gode di scarso consenso tra i cittadini; stando a un sondaggio di Pulse Asia, il 67 per cento dei filippini e’ contrario alla riforma della Costituzione; da un secondo sondaggio, emerge che appena un quarto dei filippini comprende il significato di un sistema federale di governo.

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