Risparmiare è bello, ma se lo si fa troppo alcune agevolazioni possono venire meno: è il caso dell’esezione Imu e Tasi se si utilizza troppa poca corrente elettrica nella prima casa.
Tramite un’ordinanza del 7 giugno 2018, la Cassazione infatti ha affermato che consumi minimi di luce per un arco di tempo troppo lungo indicano una presenza non abituale in casa. Il Comune può quindi revocare l’agevolazione concessa. L’ordinanza è nata dal ricorso presentato alla Cassazione da parte del proprietario di un appartamento nell’isola d’Elba contro una sentenza della Commissione tributaria di Firenze. Questa chiedeva il pagamento dell’Ici per il trennio 2008-2010, mentre il proprietario sosteneva di poter usufruire dell’esenzione della tassa che spettava per la prima casa.
La Cassazione invece ha dato ragione alla Commissione tributaria: “Le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo circa il luogo di residenza effettiva e possono essere superate da prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito”.
In altre parole, anche se il proprietario risulta residente nell’appartamento in base ai registri anagrafici, in presenza di prove che dimostrino il contrario, decade il diritto all’agevolazione delle attuali Imu e Tasi. Nel caso specifico citato, tre annualità di bollette della luce troppo basse sono risultate prove sufficienti a dimostrare la non residenza del proprietario. Allo stesso modo, possono valere anche fatture di altre utenze, come gas o acqua, troppo esigue.
L’ordinanza ha l’obiettivo di diminuire il fenomeno di chi simula l’acquisto di una prima casa, senza andarci a vivere davvero, al fine di usufruire delle agevolazioni. Per godere dei benefici fiscali occorre essere residenti nel comune o impegnarsi a trasferirsi entro 18 mesi dall’acquisto. E poi viverci per davvero.
D’altronde le agevolazioni sulla prima casa sono molte, dall’acquisto all’utilizzo successivo. Se si acquista la prima casa da un’impresa, si deve l’Iva agevolata al 4%, con un’aliquota quindi più bassa del 10% rispetto alla tradizionale cessione degli immobili. Se si acquista da un privato, si deve versare un’imposta di registro del 2% anziché del 9% sul valore catastale dell’immobile e un’imposta ipotecaria e catastale di 50 euro.
In seguito all’acquisto i proprietari sono esenti da Tasi, Imu e imposta di bollo. Coloro che dichiarano il falso o non trasferiscono realmente la residenza, sono tenuti a pagare per intero l’imposta di registro, con una sanzione pari al 30% delle tasse versate durante la fase di acquisto e ulteriori interessi.