In Libia si continua a combattere

La Libia  è nel caos, ma l’Italia esclude un intervento militare   e confida nel lavoro dell’Onu, puntando alla Conferenza internazionale per la stabilità nel paese africano che si terrà in autunno. Tripoli è da ore scenario di combattimenti a colpi di mortaio, all’indomani della proclamazione dello stato d’emergenza da parte del governo libico di Fayez al-Serraj, che ha anche chiesto aiuto a una potente milizia di Misurata per difendere il suo esecutivo dalle violenze che dal 27 agosto hanno causato almeno 47 morti e 129 feriti.

Nella rappresentanza rimangono alcuni diplomatici, tra cui il numero due della missione, Nicola Orlando, e l’addetto al servizio stampa, Steve Forzieri. ‘L’ambasciata deve essere pienamente operativa’, sottolineano fonti della Farnesina, perché l’Italia ritiene importante monitorare da vicino la situazione e seguirla minuto per minuto.

Le speranze ora sono riposte nella mediazione dell’Onu: la missione Unsmil ha convocato i rappresentanti delle milizie per una riunione che si dovrebbe tenere oggi a mezzogiorno. L’obiettivo è aprire un dialogo urgente sull’attuale situazione della sicurezza a Tripoli. Intanto, il ministero dell’Interno libico ha deciso di spostare la propria sala operativa a Gianzur, un centro abitato del distretto di Zawiya, distante 12 chilometri dalla capitale, e considerato più sicuro. Il ministro dell’Interno del governo di Accordo nazionale libico, Abdel Salam Ashour, ha emanato un’allerta per i quartieri di Ghut Shaal e Al Seyaheyya, zona ovest di Tripoli, e ha chiesto al direttore dell’apparato di sicurezza generale di proteggere le due zone ed evitare che ci siano violazioni della sicurezza.

L’accesso a Facebook è bloccato in tutto il paese.

È una corsa contro il tempo per arrivare a una mediazione che eviti un’ulteriore escalation. La Settima Brigata di Tarhuna, milizia legata al signore della guerra Salah Badi, si è resa autonoma dal Governo di accordo nazionale di Sarraj e combatte per liberare Tripoli dalle altre milizie armate, accusate di corruzione. A fronteggiarla sono una serie di milizie che formano unità speciali dei ministeri dell’Interno e della Difesa del governo di Sarraj: le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli, la Forza speciale di Dissuasione (Rada), la Brigata Abu Selim e la Brigata Nawassi, che ricevono finanziamenti dall’Ue.

L’Italia, fa sapere Palazzo Chigi, continua a seguire con attenzione l’evolversi della situazione sul terreno ed è tornata a chiedere, come già sabato insieme a Usa, Francia e Gran Bretagna, che cessino immediatamente le ostilità.  A metà della giornata di ieri il governo italiano aveva smentito che fosse in preparazione un intervento dei corpi speciali, e tale posizione viene ribadita sia dal vice premier, Matteo Salvini, sia dal ministero della Difesa, Elisabetta Trenta.
Poi, Roma se la prende con Parigi: ‘È innegabile che oggi il Paese si trova in questa situazione perché qualcuno, nel 2011, antepose i suoi interessi a quelli dei libici e dell’Europa stessa’.

La Farnesina, dal canto suo, continua a lavorare alla Conferenza internazionale: il capo della diplomazia italiana, Enzo Moavero, spiega una nota, ‘ha avuto questa sera una lunga conversazione telefonica con il Rappresentante Speciale del Segretario Generale Onu per la Libia, Ghassan Salameh, nel corso della quale ha appreso la sua valutazione sui recenti eventi e sulle azioni da lui intraprese per superare le tensioni e l’attuale fase di instabilità’.

Inoltre, il capo della Farnesina ha in programma una serie di contatti con i suoi omologhi dei Paesi maggiormente interessati alla crisi libica, anche in vista della preparazione della Conferenza Internazionale che il nostro Paese intende organizzare il prossimo autunno.

L’Ue, intanto, ha lanciato un appello a far tacere le armi, sottolineando che la soluzione ai conflitti può essere solo ‘politica’. Anche la Russia si dice preoccupata: ‘Dispiace constatare che la situazione non solo non si è stabilizzata, ma tende anche a peggiorare’. Mosca esorta  tutte le parti in conflitto a cessare le ostilità, a favorire il ripristino della calma nella capitale e nei suoi dintorni e a prendere tutte le misure per prevenire che il Paese piombi in un caos, gravido di conseguenze disastrose.

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