Dal 14 settembre sarà più facile avere un’arma, anche un Kalashnikov, in casa: meno restrizioni e obblighi, per certificarne il possesso basterà una mail. Sparisce anche l’obbligo di avviso a familiari o conviventi come requisito per ottenere la licenza. La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il decreto legislativo 104 dello scorso 10 agosto, con il quale l’Italia, prima nazione a farlo – spiega il Corriere della sera– recepisce la direttiva europea 853/2017 (che modifica la precedente direttiva Ue 477/1991) rendendo meno restrittiva la normativa sul possesso di armi legalmente detenute. In pratica tra le altre cose sarà più facile detenere armi di derivazione militare (categoria B9/A7) come il Kalashikov Ak-47 e il fucile semiautomatico Ar15, spesso utilizzato nelle stragi nelle scuole americane.
Una legge voluta fortemente da Matteo Salvini che all’Hit Show di Vicenza, la fiera dedicata alle armi e alla caccia, aveva stipulato un accordo con la lobby a favore delle armi. Nel documento – come riportato da il Giornale – il vicepremier si impegnava a ridurre le restrizioni sul possesso di armi.
I punti chiave
- aumento da 6 a 12 delle armi sportive detenibili.
- aumento a 10 per le armi lunghe e a 20 per le armi corte, dei colpi consentiti nei caricatori (oggi limitati rispettivamente a 5 e 15).
- riduzione della durata della licenza di porto d’armi per la caccia/uso sportivo da 6 a 5 anni.
- invio della denuncia di detenzione a Carabinieri o alla Questura anche tramite mail, da un portale certificato.
- nessun obbligo ad avvisare i propri conviventi del possesso di armi.
- estensione della categoria di “tiratori sportivi”, quelli autorizzati a comprare armi “tipo guerra” come Kalashnikov e Ar 15. Che adesso sarà accessibile non solo agli iscritti alle Federazioni del Coni ma anche agli iscritti alle sezioni del Tiro a Segno Nazionale, agli appartenenti alle associazioni dilettantistiche affiliate al Coni, nonché agli iscritti ai campi di tiro e ai poligoni privati (che comprendono sia impianti seri sia autentiche bocciofile a mano armata.
- retroattività al 13 giugno 2017 dell’obbligo di essere tiratori sportivi per poter detenere le armi di categoria A6 (demilitarizzate) e A7 (armi a percussione centrale con caricatore superiore a dieci colpi per arma lunga e venti per arma corta).
Secondo i critici di questo decreto legislativo, però, il governo ha sì attuato una direttiva europea, ma lo ha fatto nella maniera più ampia possibile. Mi sembra evidente – dichiara a La Repubblica, Piergiulio Biatta presidente dell’osservatorio permanente sulle armi leggere di Brescia – che, più che alle esigenze di sicurezza pubblica ma anche alle reali necessità dei veri sportivi, le modifiche introdotte rispondano alle pressioni della lobby delle armi. L’impressione è che il M5s abbia dato carta bianca alla Lega E che Salvini abbia così cominciato a dar corso a quel patto d’onore.
In Italia, ci sono 1.300 punti vendita al dettaglio di armi e munizioni, ai quali si aggiungono più di 400 associazioni sportive dilettantistiche e tiri a volo. Un sistema che, complessivamente, produce un volume di affari pari a 100 milioni di euro. A dirlo l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili (ANPAM) che ha sottolineato anche come la vendita sia più o meno uniforme in tutto il territorio, con picchi del 31% degli acquisti al sud e livelli di vendita che non vanno al di sotto del 20% nelle regioni.
Ma chi sono gli italiani che nascondono nel loro cassetto una pistola? Il 14% di chi ha un’arma da fuoco la ha per difesa personale. A dirlo un report della Commissione Europea di quattro anni fa, l’ultima indagine internazionale ad essersi posta questa domanda. Le disparità nei territori europei sono accentuate, e mentre in Svezia lo zero per cento di chi detiene un’arma adduce come motivo la difesa personale, in Italia questa risposta è data dall’8% mentre in Repubblica Ceca e Lettonia dal 44% di chi ha una licenza. Tanto che, in media, il 37% degli intervistati ha indicato come ‘alto’ il livello di crimini correlati all’uso di armi da fuoco. E la percentuale più alta è proprio quella degli italiani (76%).