‘Genova non attende auguri o rassicurazioni ma la concretezza delle scelte e dei comportamenti’, scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un intervento sulla Stampa e Secolo XIX a un mese dal disastro che ha colpito il capoluogo ligure, facendo 43 vittime nel crollo del Ponte Morandi: la città è stata colpita da una tragedia inaccettabile e ricostruire è un dovere. Ritrovare la normalità, una speranza che va resa concreta. Bisogna farlo in tempi rapidi, con assoluta trasparenza, con il massimo di competenza”.
Genova, scrive il Capo dello Stato, è stata colpita da una tragedia inaccettabile ma l’immagine che la città ha dato di sé, in quei giorni di lutto e di smarrimento non è stata soltanto di profondo dolore, ma anche di grande solidarietà e di forza d’animo: ‘Una città colpita duramente, negli affetti, nella memoria, nella funzionalità, nella sua stessa essenza di metropoli dinamica e moderna, aperta al mondo e al futuro, è stata capace di non cadere nella disperazione’.
Quella stessa solidarietà, alta, responsabile, coraggiosa, disinteressata, che ha caratterizzato i genovesi e i soccorritori, afferma il presidente della Repubblica, è la chiave di volta per superare la condizione che si è creata.
E serve un impegno collettivo, nazionale e locale, pubblico e privato, aggiunge Mattarella nel suo intervento, ricostruire è un dovere. Ritrovare la normalità, una speranza che va resa concreta. Bisogna farlo in tempi rapidi, con assoluta trasparenza, con il massimo di competenza. Con unità di intenti e visione lungimirante. Partendo dal ricordo delle vittime, dai bisogni primari di quei cittadini che hanno perso tutto. E accompagnando via via la ripartenza con provvedimenti che sostengano l’impegno dei cittadini, delle imprese, del mondo del commercio e dell’economia.
In realtà la gente chiede di fare alla svelta, devono tirare giù quel che resta del ponte e ricostruirlo, invece la stanno tirando per le lunghe. Bisogna arrivare in fondo per accorgersi della devastazione, per ricordarsi che niente può essere più come prima. Lì, davanti al moncone est, accanto alle case dei ferrovieri oggi vuote, ci sono le tende della Croce Rossa e dei comitati, un presidio fisso per non mollare.
Enrico D’Agostini, presidente di ‘Liberi cittadini di Certosa’, ammette che sì, la zona è sempre stata trascurata ma c’è tanta attività sociale. Certo che la gente si faceva sentire per il viadotto. Che, ricordiamocelo, è arrivato dopo le case. C’è il cuore di Genova che si legge allo specchio, nelle bacheche di annunci che raccontano la vita quotidiana, pare di stare in guerra. La Cisl mette a disposizione una sorta di taxi gratuito, perché anche spostarsi è diventato un vero problema. Ecco le istruzioni per il buono scuola da 500 euro o per avere l’aiuto di uno psicologo. Solidarietà e battaglia. Generosità e proteste. Tutto insieme. Dal moncone del ponte Morandi sventola qualcosa, l’immagine è da brividi.
Oltre la ferrovia il rumore delle ruspe al lavoro. Alzi gli occhi e pensi ai soccorritori che nelle ore della tragedia lavoravano senza sosta e non potevano non commuoversi. Perché gli ultimi istanti di vita delle 43 vittime sono stati momenti di terrore. Hanno avuto il tempo di capire. All’estremo opposto, in zona ponente, ci sono le fabbriche. Ansaldo Energia sfiorata dal crollo del ponte Morandi, un pezzo di stabilimento è in zona rossa. La linea tra possibile e vietato divide in due una palazzina, la parte off limits è stata rinforzata da un’impalcatura. Questa a fianco del ponte è la sede principale del colosso: i dipendenti sono 2.600, ma con l’indotto gravitano in fabbrica almeno 4mila persone. Arrivare al lavoro è sempre un’impresa, con una rete da cantiere taglia gli spazi.