Sanzioni anti-Orban e premier Conte

Con il voto anti-Orban del 12 settembre scorso il Parlamento Europeo ha dato il via libera  alla procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato. Una misura che viene attivata in caso di violazione dei diritti fondamentali come democrazia, Stato di diritto e diritti umani. Si tratta di una decisione che potrebbe portare all’approvazione di sanzioni contro l’Ungheria da parte dell’Unione. L’ultima parola, però, spetta Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo, che dovrà esprimere una maggioranza di quattro quinti per far procedere la cosa. La palla, quindi, passa al premier Conte.

Durante il voto di due settimane fa, i partiti che formano la maggioranza governativa in Italia, hanno votato in maniera diametralmente opposta. La Lega contro la risoluzione proposta dall’europarlamentare Judith Sargentini (quindi a favore di Orban) e Movimento 5 Stelle a favore (quindi contro Orban).

Nel caso della lega di Salvini – che con Orban forma la coppia di fatto destinata a far tremare l’Europa alle elezioni del 2019 – non c’era da aspettarsi un voto diverso.

Nel caso dei pentastellati – che sulla politica estera raramente hanno dimostrato idee coerenti  la scelta è stata motivata con l’interesse nazionale ‘Non ci schieriamo contro l’Ungheria ma a favore degli italiani’,  dichiarava il sottosegretario agli esteri a 5 Stelle Manlio Di Stefano: ‘Per noi Orban è come Macron, entrambi mettono i loro interessi politici personali davanti al benessere collettivo minacciando la tenuta stessa dell’Unione Europea’.

Secondo la posizione espressa all’epoca dai grillini, non si può stare dalla parte di chi ha interessi differenti, se non opposti, a quelli italiani. Ad esempio, nel caso dei migranti, l’Ungheria di Orban – con una popolazione di 10 milioni di abitanti – si è rifiutata di accogliere la risibile cifra di 1294 persone in due anni, come le era stato richiesto nel 2016.

Pertanto, il ragionamento fatto dai 5S in vista del voto di Strasburgo contro Orban sembrava ineccepibile.

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