Rischi ed opportunità. Le authority italiane si sono già attivate, in accordo con quelle europee, per assicurare la continuità operativa delle piattaforme britanniche su cui viaggiano grandi flussi finanziari europei e anche per consentire la piena operatività degli sportelli italiani delle banche britanniche. Il ministero dell’Economia, in collaborazione con le diverse autorità di vigilanza dei mercati, sta poi elaborando un decreto da varare prima del 29 marzo proprio per evitare contraccolpi al funzionamento del mercato.
A livello finanziario l’Italia si sta preparando ai rischi. Trova conferme l’indiscrezione che il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, stia lavorando ad un decreto per garantire continuità operativa con banche e piattaforme britanniche. La Consob, ha diffuso nei mesi scorsi tre comunicati, nei quali richiama le posizioni dell’autorità borsistica europea, l’Esma.
Per evitare che l’arrivo del No Deal richieda poi tempi per l’attivazione della procedura che autorizzerebbe questi soggetti come ‘non comunitari’ si è deciso di partire in anticipo, riconoscendo anche l’equivalenza del quadro giuridico applicabile, con un periodo ‘cuscinetto’ di un anno. Fissate le regole per le attività di compensazione anche in caso di mancato accordo politico sulla Brexit, con un richiamo agli intermediari ai doveri informativi verso la clientela sull’impatto dell’uscita del Regno Unito dall’Ue.
In caso di Brexit, rileva il Csc di Confindustria, ne risentiranno le imprese esportatrici italiane che rischiano di vedere ridotti i volumi di beni rivolti al mercato britannico: in ballo 23 miliardi. La prolungata incertezza potrebbe far allontanare alcune multinazionali dal territorio britannico, costituendo un’opportunità per altri paesi europei: il Csc stima che per l’Italia gli investimenti diretti esteri potenziali extra potrebbero generare un aumento del Pil di 5,9 miliardi annui, ovvero lo 0,4%; ciò non è comunque compensativo di rischi ed effetti negativi legati alla Brexit.
Con la Brexit, dice il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, “il problema non è quante imprese collaborano con la Gran Bretagna ma come l’Italia potrebbe e dovrebbe candidarsi ad attrarre investimenti”. Mentre “è evidente che la Brexit comporta maggior incertezza per l’economia: i dati previsionali del rallentamento dell’economia globale non fanno presagire niente di positivo”. E “la situazione di incertezza diventa un vulnus anche per l’imprenditoria italiana”, avverte il presidente della Picccola Industria di Confindustria, Carlo Robiglio.