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Dal 2016 ad oggi sono una sessantina le vertenze seguite dalla Regione Emilia Romagna attraverso i tavoli di salvaguardia occupazionale. Si va dai casi Saeco, Stampi Group, Demm, sull’Appenino bolognese (che hanno rischiato di mettere in ginocchio l’occupazione in montagna), a Berco (Fe), Alpi Legno (Fc), fino ad arrivare ad alcune vertenze che hanno avuto come esito un vero e proprio rilancio come la Cisa-Allegion di Faenza (Ra) o un passaggio di proprieta’ come il Gruppo Artoni (Re). L’ex BredamenariniBus di Bologna e la Tecno di Gualtieri (Re) sono solo gli ultimi casi in corso. Le vertenze si sono chiuse con il 65% dei posti salvati al termine della concertazione tra azienda, parti sociali e istituzioni. Su 12.500 dipendenti delle varie aziende piu’ di 8 mila hanno conservato il lavoro, di cui 5.505 nel settore meccanico dove la percentuale di salvaguardia dei posti arriva all’87%. A soffrire di piu’ e’ stato il settore delle costruzioni.
Le realta’ territoriali piu’ colpite negli ultimi anni da queste crisi aziendali sono state quelle delle zone a maggior presenza industriale: Modena (13 aziende), Bologna (12) e Reggio Emilia (9). ‘La salvaguardia occupazionale per funzionare deve essere necessariamente legata a politiche industriali, di sviluppo e di sostegno alle aziende in crisi, poiche’ se non c’e’ lavoro e’ difficile anche gestire le situazioni di esubero’, ha spiegato l’assessore regionale alle Attivita’ produttive Palma Costi. Con il Patto per il lavoro sottoscritto da tutte le parti sociali economiche e istituzionali dell’Emilia-Romagna, ‘abbiamo fatto una forte azione di rilancio del manifatturiero e provveduto a istituire strumenti idonei ad affrontare sia il rilancio delle imprese, per aumentare competitivita’ e occupazione, sia per salvaguardare i lavoratori delle aziende in crisi durante il processo di riorganizzazione e di rilancio’, ha concluso Costi.
