Messa in quarantena la questione Tav fino a dopo le Europee, un altro spettro agita i sonni del governo: la via della seta, ovvero il memorandum di accordo commerciale con la Cina. Su cui spingono i 5 stelle col via libera del Quirinale, e su cui frena invece la Lega, più sensibile agli altolà europei e soprattutto americani. Il sempre ben informato sito Dagospia ha addirittura paventato una possibile crisi di governo sul tema ‘foraggiata’ dall’Unione europea.
Secondo l’esclusiva di dago, infatti, Salvini sarebbe pronto a rompere il contratto di governo se Di Maio frirmasse il protocollo coi cinesi. Per Europa e Sati Uniti, furiosi con l’Italia, Salvini acquisterebbe così la statura di statista affidabile e salva-Occidente dal cavallo di troia di Pechino. E in caso di vittoria alle Politiche anticipate, Salvini otterrebbe dall’Ue sostanziosa flessibilità sui quasi 40 miliardi da trovare per la prossima Finanziaria. Indiscrezione che dal ministero dell’Interno si sono precipitati a smentire in questi termini: “Notizia infondata, Salvini ha un atteggiamento prudente sul protocollo con la Cina ma non ha mai detto, né pensato, di far cadere il governo.
Restano comunque i paletti posti dalla Lega, sull’Italia pronta a salire a bordo del treno della ‘Belt and Road Initiative’, voluta da Pechino per connettere Asia, Europa e Africa, e diventare il primo Paese del G7 ad appoggiare formalmente la spinta all’investimento globale della Cina, nonostante le preoccupazioni degli Stati Uniti e dell’Ue.
L’intesa “prevede di portare i prodotti italiani in Cina, sono contento che ci sia accordo dal Quirinale e nel governo” sottolinea il capo politico M5S, ribadendo che “la Via della Seta non deve essere vista come una nuova alleanza geopolitica, assolutamente. E’ un memorandum of understanding che firmerò io, come ministro dello Sviluppo, e che servirà anche ai porti del Sud, come quello di Taranto per esempio. E’ una grande opportunità per le nostre imprese di portare le eccellenze agroalimentari e artigianali in Cina”. “Per la prima volta – rileva ancora Di Maio – sto firmando un accordo con cui si cominciano a prendere i prodotti italiani per portarli in Cina. Tutti dicono che c’è pericolo di colonizzazione, ma l’unica colonizzazione a cui dobbiamo ambire è quella del made in Italy nel mondo: è il made in Italy che deve colonizzare il mondo con la sua bellezza e le sue capacità”.
Ma l’altro vicepremier, Matteo Salvini, fissa i paletti e dice a chiare lettere che il Memorandum d’intesa tra Italia e Cina “non è un testo sacro, per quello che mi riguarda, tutto è perfettibile e migliorabile”, aggiungendo che “il 5G non è nel Memorandum, è un’altra cosa, sono questioni che viaggiano parallele, ma sono due cose diverse”, assicura il ministro dell’Interno. Il leader della Lega si spinge anche oltre: “Se ci sarà solo il dubbio che certe acquisizioni e presenze possano compromettere la sicurezza degli italiani ci sarà un secco no dal Viminale”. “Per me – rimarca – aprire ai nuovi mercati è fondamentale, non avrei nessun problema se fossimo di fronte a un investitore americano per il porto di Trieste o di Genova, ma la Cina è altra cosa: non penso che ci sia una competizione ad armi pari”, scandisce Salvini. “Gli investimenti in settori strategici devono essere esaminati cinquanta volte”, avverte il ministro dell’Interno.
La firma del Memorandum d’intesa con la Cina sulla Via della Seta resta tutt’altro che scontata, “come ha ben detto anche il vicepremier Matteo Salvini”, ma la Lega “vuole rendere potabile questo documento” prima ancora che per venire incontro alle “pressioni” americane per difendere l’interesse nazionale, dice all’Adnkronos il sottosegretario agli Esteri, Guglielmo Picchi. “Comincio a dubitare della firma – sostiene l’esponente leghista – Per ora, quelle tre parole, energia, telecomunicazioni e interoperabilità restano. Ma si sta continuando a negoziare, da parte della Lega c’è la volontà di rendere potabile questo documento”.
Intanto oggi il Financial Times torna sull’argomento muovendo nuove critiche all’Italia. Il progetto di cooperazione tra Italia e Cina attraverso la ‘Belt and Road Initiative’, si legge in un editoriale, “è venuto fuori in Italia proprio mentre la coalizione di governo a Roma cadeva in pezzi a causa di uno dei più grandi progetti di trasporto europei, il collegamento ferroviario ad alta velocità Torino-Lione. Non potrebbe esserci migliore esempio dell’incoerenza del governo italiano o dei costi imposti alle imprese del Paese”.