Intervenuto sul caso della violenza sessuale ai danni di una ragazza americana a Catania, Matteo Salvini ha rilanciato la castrazione chimica per gli aggressori. Stupiti anche i suoi sostenitori sul caso Ramy cui ha deciso di concedere la cittadinanza, Matteo Salvini torna a usare toni incendiati parlando dei tre ragazzi che hanno abusato di una giovane americana filmando la violenza e invitandola a riprovare l’esperienza.
Un attacco dialetticamente violentissimo quello di Matteo Salvini che, archiviato il caso Ramy, si è concentrato sul secondo caso che ha scosso l’opinione pubblica, quello della ragazza americana violentata dal branco a Catania. “Per i vermi violentatori di Catania, che hanno stuprato una turista, nessuno sconto: certezza della pena e castrazione chimica!“
La dichiarazione di Matteo Salvini ha sollevato polemiche su una questione particolarmente delicata proprio come la castrazione chimica, vista con favore da parte dell’opinione pubblica e condannata da buona parte del mondo politico.
La ragazza americana è stata attirata in un bar dai suoi aggressori che hanno poi abusato di lei filmando la violenza. Tutt’altro che pentiti hanno mandato i video alla vittima proponendole di rifare tutto una seconda volta.
La giovane, spinta e convinta dai suoi amici, ha trovato il coraggio di denunciare la violenza presentandosi dagli inquirenti proprio con i filmati girati dai suoi aguzzini.
“Quando mi hanno spinta in macchina con forza, sono riuscita a mandare un messaggio vocale a un amico – racconta – gli ho sussurrato: ‘Per favore aiutami, ci sono dei ragazzi, non voglio’. E lui, prima mi ha risposto che non capiva, poi che non aveva l’auto e non poteva aiutarmi. Una cosa assurda”. E’ parte del terribile racconto della diciottenne americana stuprata a Catania da tre uomini. Una violenza che, forse si poteva evitare.
“Scrivete pure di Salvo – dice ai carabinieri – sono riuscita a mandargli cinque messaggi vocali mentre mi violentavano, l’ ho chiamato due volte. Ma continuava a dire che non capiva. E quando quella notte da incubo è finita, gli ho scritto un ultimo sms: Ti odio davvero”. Eccoli, riporta Repubblica, i Whatsapp rimasti senza risposta.
Ore 23,12: “Io sto male, aiuto me”. Ore 23,14, si sente la voce di uno degli stupratori: “Compare, te la posso dire una cosa? A chidda ma isu iu”. A quella me la alzo io. Ore 23,17: “Aiuto, aiuto, sono nell’auto”. A mezzanotte e 3 minuti, la ragazza riesce a mandare anche la sua posizione esatta, il lungomare di Catania, all’ altezza del “Caito”, dove si riuniscono le coppiette. A mezzanotte e 12 minuti, la violenza si sente in diretta. “Vieni qua”, dice uno dei ragazzi. “Non voglio”, urla lei. “Sì che vuoi”, dice un altro. “No, basta. Non voglio, non voglio”. Ma l’amico continuava a non preoccuparsi.
Lei racconta ancora “Quando si sono accorti che avevo il cellulare in mano, hanno provato a togliermelo, ma sono riuscito a tenerlo”. E con quel telefono la giovane ha provato poi a lanciare l’allarme al 112, il numero unico di emergenza. Undici volte ha chiamato fra mezzanotte e 13 e l’una. Lei chiamava e i suoi aggressori la bloccavano. L’operatore del 112 ha provato a richiamare, ma niente. L’ ultima telefonata durante quell’incubo è al 911, il numero di emergenza americano. “I richiami d’aiuto si sono susseguiti in un arco di ben un’ora e 45 minuti”, annota il giudice delle indagini preliminari Simona Ragazzi.