Dopo due lunghi anni di attesa, finalmente giustizia è stata fatta. Il tribunale di Torino ha infatti condannato Stephan Schmidheiny e Jean Louis De Carier sono stati condannati a 16 anni di carcere nell’ambito del processo “Eternit” per le vittime dell’amianto. Schmidheiny, miliardario svizzero di 64 anni, e il barone belga Louis de Cartier, 90 anni, erano accusati di disastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche. Per i due, che sono stati alti dirigenti della multinazionale svizzera Eternit, l’accusa aveva chiesto una condanna a 20 anni di reclusione. Il processo è durato oltre 24 mesi e si è articolato in 65 udienze.
Nella sentenza viene fatta, tuttavia, una distinzione significativa tra gli stabilimenti italiani. Schmidhein e de Cartier sono stati dichiarati colpevoli per quanto riguarda Casale Monferrato e Cavagnolo (Torino), mentre il reato sarebbe estinto per prescrizione per gli stabilimenti di Rubiera, in Emilia Romagna, e Bagnoli, in Campania.
Balduzzi: E’ una sentenza storica. “E’ una sentenza che senza enfasi si può definire davvero storica, sia per gli aspetti sociali che per gli aspetti strettamente tecnico-giuridici”. Ha commentato così il ministro della Salute, Renato Balduzzi, alla sentenza del Tribunale di Torino. Sotto il profilo sociale, si è trattato a suo dire di una vittoria, in quanto tale verdetto “corona una lunga battaglia che ha visto fianco a fianco la Repubblica, nel senso di tutti i livelli istituzionali, e il pluralismo sociale, in particolare forze sindacali e associazionismo dei familiari delle vittime”. E’ stata, sottolinea il ministro della Salute, “una battaglia comune, e ad essa si deve l’aver tenuto desto il problema, anche quando sembrava finire sottotraccia”. Ma la battaglia contro l’amianto, prosegue Balduzzi, “non si chiude con una sentenza, sia pure una sentenza esemplare, ma continua nell’attività amministrativa e nell’impegno delle istituzioni e dei cittadini, soprattutto nella consapevolezza da parte di ognuno che non si tratta di una battaglia locale, ma nazionale, anzi mondiale”. La sentenza di Torino, conclude il ministro, “conferma che l’Italia sta facendo la sua parte”.
Maxirisarcimenti alle parti civili- IL Tribunale di Torino ha inoltre disposto dei risarcimenti milionari a favore delle parti civili che si sono costituite nel processo Eternit, la cui sentenza è in corso di lettura nel capoluogo piemontese. Spiccano i risarcimenti decisi a favore del Comune di Casale Monferrato (25 milioni di euro), della Regione Piemonte (20 milioni) e dell’Inail (15 milioni) e del comune di Cavagnolo (4 milioni). Alle centinaia di familiari viene riconosciuto un risarcimento medio di 30.000 euro ciascuno.
La storia- Il processo a Torino ha riguardato il periodo in cui l’Eternit ha prodotto amianto nella Penisola, dal 1966 al suo fallimento nel 1986, nei quattro stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo (Torino) Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Sono alcune migliaia i morti e i malati di di tumore individuati tra lavoratori e cittadini nell’inchiesta condotta dal procuratore Raffaele Guariniello, che ha definito il processo ”un punto di riferimento mondiale”, come conferma oggi la presenza al Palazzo di giustizia di Torino di televisioni e giornalisti da tutto il mondo.Ma le conseguenze della tragedia provocate dalla multinazionale svizzera si continuano a sentire ancora oggi al ritmo di 50 morti l’anno, come denuncia l’associazione dei familiari vittime dell’amianto. E nel mondo la produzione prosegue al livello di 2 milioni di tonnellate l’anno, soprattutto in Paesi come l’Ucraina, Russia, India, Egitto, Thailandia, Cina e Brasile.
La macchina organizzativa per la sentenza definitiva, è partita settimane fa: 1200 i posti assicurati in Tribunale, tra i 250 posti nell’aula, e i 950 in altre due aule video collegate, con traduzione simultanea in francese e inglese, la sistemazione nel vicino auditorium della Provincia di Torino di circa 300 studenti in arrivo da Casale Monferrato e Bologna, e la possibilità di ascoltare la sentenza in diretta streaming collegandosi al sito della Provincia. Durante due anni e 66 udienze il pubblico ministero, Raffaele Guariniello, affiancato dai pm Gianfranco Colace e Sara Panelli, ha tentato di dimostrare, attraverso testimonianze, documenti e consulenze, che la politica sulla sicurezza e sulla salute della Eternit apparteneva ad un’unica regia. “Gli imputati non si sono limitati ad accettare il rischio che il disastro si verificasse e continuasse a verificarsi, ma lo hanno accettato e lo accettano ancora oggi” aveva detto Guariniello nella sua arringa finale chiedendo una condanna a 20 anni di reclusione per entrambe gli imputati per quella che aveva definito “Una tragedia immane” che “ha colpito popolazioni di lavoratori e di cittadini che continua a fare morti e si è consumata in Italia e in altre parti del mondo con una regia senza che mai nessun tribunale abbia chiamato i veri responsabili a risponderne”. “Si addebita a Eternit – aveva aggiunto – di aver causato un disastro nei suoi stabilimenti e per la popolazione, che ancora oggi continua a verificarsi giorno dopo giorno per consapevole volontà dei suoi proprietari”. I legali dei due imputati avevano chiesto per entrambi l’assoluzione per non aver commesso il fatto: secondo le difese De Cartier, dal 1971, aveva ricoperto solo “un ruolo minoritario senza compiti operativi” mentre Schmidheiny avrebbe provveduto a fare diversi investimenti per la sicurezza dei lavoratori, in base alle conoscenze dell’epoca sull’amianto. L’avvocato Astolfo Di Amato, uno dei legali di Schmidheiny, aveva messo in dubbio la validità stessa di un processo celebrato a più di trent’anni di distanza dai fatti contestati che lederebbe il principio di difesa perché il tempo trascorso “rende quasi impossibile – aveva detto – a chi è accusato difendersi al meglio: i documenti non si trovano, molti testimoni non ci sono più e quelli che ci sono non sono attendibili perché i fatti sono troppo lontani da ricordare”.