Fca attende la risposta da Renault mentre trattiene il fiato per i dazi di Trump

Giornata di passione a Piazza Affari per Fiat Chrysler, in attesa della risposta di Renault sulla proposta di fusione avanzata a inizio settimana dal gruppo della famiglia Agnelli.

Il titolo Fca ha vissuto con il fiato sospeso la seduta in Borsa dopo che il presidente statunitense Donald Trump ha attaccato commercialmente il Messico, dove il Lingotto possiede diversi stabilimenti.

Il consiglio di amministrazione della casa automobilistica francese, invece, si riunirà martedì 4 giugno per discutere l’offerta di fusione avanzata da Fiat Chrysler e dovrà decidere se aprire colloqui formali con il gruppo italiano dopo i tavoli di lavoro informali interni di questa settimana.

Considerato che anche ieri dal ministro dell’economia transalpino, Bruno Le Maire, è arrivato di fatto un via libera all’operazione e che lo Stato francese è il primo azionista del gruppo con il 15%, l’appuntamento di martedì non dovrebbe destare sorprese.

Nel frattempo continua la tessitura di rapporti da parte di Fca e Renault per coinvolgere nel progetto anche gli alleati giapponesi di quest’ultima, ovvero Nissan e Mitsubishi.

John Elkann, il presidente di Fca che ha trattato con il suo omologo Jean-Dominique Senard durante i mesi scorsi, volerà presto a Tokyo per incontrare l’amministratore delegato di Nissan, Hiroto Saikawa, e il suo omologo di Mitsubishi, Osamu Masuke: l’appuntamento servirà per spiegare loro i motivi, gli obiettivi, la ratio dell’operazione, per poi arrivare magari persino a un futuro allargamento dell”alleanza’ anche ai due gruppi nipponici, in modo da creare il più grande costruttore al mondo, un colosso da 15 milioni di vetture vendute ogni anno.

Fra le condizioni poste dal governo di Parigi, infatti, “il rispetto per l’alleanza Renault-Nissan” è una delle “quattro condizioni” poste dai francesi: le altre sono “la salvaguardia dei posti di lavoro e dei siti industriali”, oltre ad avere “una governance equilibrata” nel futuro gruppo.

In attesa degli sviluppi della partita, dunque, Fca – come del resto tutto il settore auto mondiale – ha sofferto in Borsa l’annuncio arrivato da Trump di dazi su tutte le merci in arrivo dal Messico, con una prima tariffa al 5% destinata a salire fino al 25% se lo Stato Centro-Americano non fermerà l’arrivo illegale di migranti negli Usa.

Il titolo, a Piazza Affari, ha perso il 4,76% chiudendo a 11,4380 euro per azione: l’industria automobilistica è la più colpita dalla mossa di Trump perché tutti i produttori hanno impianti nel Paese. Fca, in particolare, ha 2 stabilimenti dove si producono modelli Jeep e Ram venduti negli Usa, oltre ad altri cinque impianti di componentistica.

 

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