I forzati della sanita’ a pagamento. Sono 19,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno, per almeno una prestazione sanitaria essenziale prescritta dal proprio medico, hanno provato a prenotare nel Servizio sanitario nazionale e poi, constatati i lunghi tempi d’attesa, hanno dovuto rivolgersi alla sanita’ a pagamento, privata o intramoenia. In 28 casi su 100 i cittadini, avuta notizia di tempi d’attesa eccessivi o trovate le liste chiuse, hanno scelto di effettuare le prestazioni a pagamento (il 22,6% nel Nord-Ovest, il 20,7% nel Nord-Est, il 31,6% al Centro e il 33,2% al Sud). E’ quanto emerge dal IX Rapporto Rbm-Censis presentato oggi al “Welfare Day 2019”, una grande indagine su un campione nazionale di 10.000 cittadini maggiorenni statisticamente rappresentativo della popolazione. I numeri del rapporto parlano chiaro: transitano nella sanita’ a pagamento il 36,7% dei tentativi falliti di prenotare visite specialistiche (il 39,2% al Centro e il 42,4% al Sud) e il 24,8% dei tentativi di prenotazione di accertamenti diagnostici (il 30,7% al Centro e il 29,2% al Sud). I Lea, a cui si ha diritto sulla carta, in realta’ sono in gran parte negati a causa delle difficolta’ di accesso alla sanita’ pubblica. Che costringe gli italiani, sottolinea il rapporto, a “surfare” tra pubblico e privato a pagamento per avere le prestazioni necessarie.
Il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico, infatti, ne ha effettuata almeno un’altra nella sanita’ a pagamento: il 56,7% delle persone con redditi bassi, il 68,9% di chi ha redditi alti. E sono 13,3 milioni le persone che a causa di una patologia hanno fatto visite specialistiche e accertamenti diagnostici sia nel pubblico che nel privato, per verificare la diagnosi ricevuta (una caccia alla “second opinion”). Combinare pubblico e privato e’ ormai il modo per avere la sanita’ di cui si ha bisogno. Oltre a tentare di prenotare le prestazioni sanitarie nel sistema pubblico e decidere se attendere i tempi delle liste d’attesa oppure rivolgersi al privato, di fronte a una esigenza di salute stringente, molti cittadini si sono rassegnati, convinti che comunque nel pubblico i tempi d’attesa sono troppo lunghi. Nell’ultimo anno il 44% degli italiani si e’ rivolto direttamente al privato per ottenere almeno una prestazione sanitaria, senza nemmeno tentare di prenotare nel sistema pubblico. E’ capitato al 38% delle persone con redditi bassi e al 50,7% di chi ha redditi alti. Ancora una volta: tutti, al di la’ della propria condizione economica, sono chiamati a mettere mano al portafoglio per accedere ai servizi sanitari necessari.