È stato respinto, fa sapere il ministero dell’Interno, il ricorso presentato dai migranti soccorsi sulla Sea Watch alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per chiedere all’Italia di consentire lo sbarco. “Anche da Strasburgo si conferma la scelta di ordine, buon senso, legalità e giustizia dell’Italia: porti chiusi ai trafficanti di esseri umani e ai loro complici. Meno partenze, meno sbarchi, meno morti, meno sprechi. Indietro non si torna. Una nave olandese di una ong tedesca che raccoglie migranti in acque libiche perché deve arrivare in Italia? Sono 15 giorni che stanno qui. In 15 giorni sarebbero arrivati in Olanda. I migranti della Sea Watch in Italia non arrivano, non mi faccio dettare le leggi da una nave olandese e da una ong tedesca. In Italia si arriva se si ha il permesso di entrare. Se entreranno in Italia, la nave verrà sequestrata. La Sea Watch è scientemente complice dei trafficanti di esseri umani. I porti più vicini sono Malta e Tunisia. Perché devono venire in Italia? Vadano in Francia, Olanda, dove vogliono. In Italia no. E mi sembra che gli italiani apprezzino la mia linea. Se accade qualcosa a questi 42 immigrati la colpa è dei signori delle ong e dei signori del governo olandese, a cui ho scritto tre volte”.
La Corte europea per i diritti umani di Strasburgo, in un comunicato, ha comunque “indicato al governo italiano che conta sulle autorità del Paese affinché continuino a fornire tutta l’assistenza necessaria alle persone in situazione di vulnerabilità a causa dell’età o dello stato di salute che si trovano a bordo della nave”.
I ricorrenti, cioè il capitano della Sea Watch 3 e una quarantina di migranti, avevano invocato gli articoli 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione, chiedendo di essere sbarcati subito con un provvedimento provvisorio d’urgenza per poter presentare una richiesta di protezione internazionale. La Corte ha rivolto alcune domande alle parti e ha chiesto loro di rispondere lunedì 24 giugno. Al Governo è stato chiesto quante persone erano state già sbarcate dalla nave, il loro possibile stato di vulnerabilità, le misure previste dal Governo, nonché la situazione attuale a bordo della nave. Le domande rivolte ai richiedenti riguardavano le loro condizioni fisiche e mentali il loro possibile stato di vulnerabilità. Dopo aver esaminato le risposte ricevute, la Corte ha deciso che non c’erano sufficienti motivazioni per chiedere al Governo italiano di applicare un provvedimento provvisorio di sbarco. Tale provvedimento viene infatti concesso, precisa la Corte, “nei casi eccezionali in cui i richiedenti sarebbero esposti – in assenza di tali misure – a un vero e proprio rischio di danni irreparabili”.
L’ultimo appello, diffuso sui canali social della ong, delle persone a bordo della Sea Watch 3, da 13 giorni in mare al largo di Lampedusa: “Non ce la facciamo più, qui siamo come in prigione, aiutateci a sbarcare presto, a mettere i piedi giù da questa barca”. “Siamo tutti stanchi, esausti, stremati – dice uno dei migranti – pensate ad una persona appena uscita di prigione e fuggita dalla Libia, che ora si trova qui seduta o sdraiata. Immaginatevi come debba sentirsi questa persona”.
I migranti sottolineano che a bordo “manca tutto, non possiamo fare niente, non possiamo camminare né muoverci perché la barca è piccola mentre noi siamo tanti. Non c’è spazio”. L’Italia “si rifiuta di farci approdare”, proseguono, “chiediamo l’aiuto delle persone a terra, qui non è facile, non è facile stare su una barca piccola. Per favore – concludono i migranti – non ci lasciate qui cosi, non ce la facciamo più”.
Intanto don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera, ha lanciato un appello per far sbarcare i migranti: “Facciamoli scendere, si sta giocando una partita di civiltà. Si, civiltà. Perché quando viene meno il dovere di soccorso, un dovere che nasce dall’empatia fra gli esseri umani, dal riconoscerci gli uni e gli altri soggetti a un destino comune, viene meno il fondamento stesso della civiltà”. E’ l’appello di Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele per i migranti che si trovano a bordo della Sea Watch 3. “Stiamo andando alla deriva. Abbandonare persone fragili e sofferenti è uno dei peggior crimine che un essere umano possa commettere- afferma tra l’altro Ciotti- Noi siamo con il capitano Carola, siamo dalla sua parte perchè Carola con il suo coraggio e la sua umanità incarna le leggi del cuore e della coscienza e non accetta di piegarsi alle leggi del potere e dell’arbitrio, leggi che stanno mandando alla deriva un intero continente che è stato culla di civiltà: L’Europa”.