Si allarga lo scandalo Russia con i retroscena legati alla trattativa economica

La trattativa per finanziare la Lega con soldi russi non è finita il 18 ottobre 2018. È proseguita anche dopo l’incontro nella hall dell’hotel Metropol, a Mosca. E’ la rivelazione dell’Espresso in edicola da domenica 21 luglio. Il settimanale pubblica i documenti esclusivi della proposta commerciale indirizzata a Rosneft dieci giorni dopo il summit di affari e politica in cui era presente Gianluca Savoini, ex portavoce e uomo di assoluta fiducia del ministro Matteo Salvini. Le condizioni indicate nella proposta, preparata da una banca d’affari londinese di cui l’Espresso pubblica il nome, ricalcano esattamente quelle di cui hanno discusso Savoini e gli altri interlocutori al tavolo del Metropol.

Secondo il settimanale, questi documenti smentiscono le parole del ministro Salvini ma anche dei protagonisti dell’incontro nel hotel russo di ottobre scorso.

L’Espresso è in grado di svelare che la negoziazione è andata avanti almeno fino a febbraio, a tre mesi dalle elezioni europee stravinte dalla Lega di Salvini. Lo prova una nota interna di un’altra società di Stato russa, Gazprom, e la risposta inviata direttamente a Savoini dalla banca londinese rappresentata al tavolo di Mosca dall’avvocato Gianluca Meranda. In questa risposta, Meranda cita esplicitamente Eni come compratore finale della maxi fornitura petrolifera, allegando una lettera di referenza commerciale della società di Stato italiana.

L’Eni ha fatto sapere “di non aver preso parte in alcun modo a operazioni volte al finanziamento di partiti politici”.  I documenti in possesso e pubblicati dal settimanale domenica rendono però inverosimile la versione di Savoini, secondo cui quella riunione del Metropol è stato “solo un incontro casuale in cui la politica non c’entra nulla, i soldi alla Lega neppure”.

Dovevano allearsi per ribaltare insieme l’Europa, ora sono tornati a essere perfetti sconosciuti. Da una parte Viktor Orbàn e Jarosław Kaczyński dall’altra Matteo Salvini e Marine Le Pen. I sovranisti dell’Est e dell’Ovest sono sempre più divisi. Il caso Russiagate e le presunte accuse di finanziamenti illeciti a un membro della Lega avevano già raffreddato i rapporti, l’elezione della presidente della Commissione europea è stato l’ultimo strappo.

L’asse tra il gruppo di Visegrad e Salvini che si era creato per far affondare la nomina del socialista Frans Timmermans a capo della Commissione non esiste più. Eppure non sono passate neanche tre settimane dalla telefonata in cui Orbàn chiese a Salvini di mettere il veto sull’olandese. Sembrava il modo migliore per creare in Parlamento la santa alleanza sovranista che il leader della Lega non era riuscito a formare prima delle elezioni del 26 maggio. Sembrava amore, e invece era Realpolitik. Salvini è una volpe a capire l’umore degli italiani, ma dimostra di essere sempre più scarso in politica estera: è stato usato da politici più cinici e scaltri di lui per eleggere Von der Leyen considerata dal gruppo di Visegrad il male minore, nonostante il suo discorso filoeuropeista. Orbàn dopo aver insultato in tutte le lingue del mondo il candidato guida del suo eurogruppo, Manfred Weber, è tornato nel caldo e sicuro ovile del Partito popolare europeo.

I polacchi di Pis che rifiutarono l’alleanza con Salvini ad aprile sembrano quasi infastiditi quando tra i corridoi del Parlamento europeo di Strasburgo gli chiediamo se coopereranno in futuro insieme. Perché l’eurogruppo dei Conservatori e Riformisti (Ecr) di cui fa parte anche Fratelli d’Italia si considera da sempre un’altra cosa. E il nome già lo fa capire: è composto anche dai tories inglesi e i liberali slovacchi. Perfino i nazionalisti di Vox per non sembrare agli occhi europei così anti establishment sono entrati in questo eurogruppo. «Noi non siamo euroscettici, siamo realisti e pragmatici»,  spiega Richard Czarnecki, eurodeputato polacco dell’Ecr. «Cinque anni fa, durante il voto per Juncker, ci siamo astenuti, non votammo contro di lui. Ci piace cooperare con chi comanda nel Parlamento europeo, anche quelli che accettano solo una parte della nostra visione».

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