È morto a Milano a 89 anni Francesco Saverio Borrelli, ex procuratore a capo del pool di Mani Pulite. Borrelli era ricoverato all’hospice dell’Istituto Tumori.
Se ne va il secondo protagonista del pool di ‘Mani Pulite’ dopo che, il 30 marzo 2014, era mancato a 83 anni l’ex procuratore Gerardo D’Ambrosio.
Riprendendo il titolo di una biografia scritta dalla giornalista Marcella Andreoli, possiamo dire che se ne va il direttore d’orchestra, titolo che il magistrato del pool di ‘Mani Pulite’ apprezzo’ molto, non solo perche’ appassionato di musica e melomane. Di quella squadra che mise a soqquadro la ‘Prima Repubblica’ negli anni Novanta, riconosceva di avere la responsabilita’ del ritmo, di decidere quando e come mandare all’attacco l”ariete’ Antonio Di Pietro sulla scorta dei consigli della ‘mente giuridica’ del gruppo, Piercamillo Davigo, dell’esperto Gerardo D’Ambrosio e dell”intellettuale’ Gherardo Colombo, che, a clamori spenti, e’ stato l’unico a mettere in discussione i metodi di quella stagione e ora predica nelle scuole l’inutilita’ del carcere come strumento di cambiamento della societa’. Negli anni Novanta, la folla in strada gridava “Borrelli facci sognare” e lanciava le monetine a Bettino Craxi all’hotel Rapahel, assegnando a quegli uomini l’aura di eroi in grado di ribaltare l’Italia raffigurata come ‘ladrona’. Erede di una dinastia di magistrati (figlio e nipote), Borrelli era nato il 12 aprile del 1930 a Napoli ma la sua vita e la carriera si svolgono tutte a Milano. “Quando avevo tre anni, sognavo gia’ di fare il magistrato. Da bambino non potevo fare chiasso perche’ papa’ scriveva le sentenze. A quel tempo il lavoro di magistrato, specie se civilista, si svolgeva a casa. Forse da allora mi venne la passione per le sentenze. Anche per la tesi di laurea, incoraggiato da Piero Calamandrei, scelsi come tema ‘Sentimento e sentenza’”. A 25 anni aveva gia’ indosso la toga. Rapida e versatile la sua ascesa: pretore, giudice civile, presidente di sezione del Tribunale, giudice di Corte d’Appello, presidente di Corte d’Assise e procuratore aggiunto dal 1983. Giudice e accusatore, come allora era possibile fare, si occupo’ anche di processi alla colonna milanese delle Brigate Rosse. Nel 1988 divento’ capo della Procura e ci resto’ per 11 anni, di cui 7 come leader del pool. In quegli anni fu tra anche i fondatori di ‘Magistratura democratica’, la corrente di sinistra da cui in seguito usci’. Nel primo periodo del suo mandato, non si registrano indagini di particolare rilievo sulla pubblica amministrazione, poi, il 17 febbraio 1992, arriva l’arresto di Mario Chiesa al Pio Albergo Trivulzio e parte la valanga di avvisi di garanzia (25400), arresti (oltre 4500) e anche suicidi (32) attribuiti da chi criticava il pool a un uso distorto della custodia cautelare. Tutte le forze politiche sono coinvolte, dalla Dc di Arnaldo Forlani al Psi di Bettino Craxi che viene disintegrato a suon di provvedimenti del pool col segretario che sceglie la via dell’esilio in Tunisia.
Quando il ministro della Giustizia Giovanni Conso, il 6 marzo 1993, propone una soluzione politica per Tangentopoli con la depenalizzazione del finanziamento illecito ai partiti, Borrelli non approva. Alla fine dello stesso anno, poco prima delle elezioni che avrebbero portato Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, rilascia una delle dichiarazioni rimaste piu’ celebri: “Chi sa di avere scheletri nell’armadio, vergogne del passato, apra l’armadio e si tiri da parte. Tiratevi da parte prima che arriviamo noi. Quelli che si vogliono candidare, si guardino dentro”. Un mese dopo chiede e ottiene l’arresto di Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, e scattano le ordinanze di custodia cautelare per sei manager di Publitalia, societa’ controllata dal Cavaliere, tra cui Marcello Dell’Utri. L’apice dello scontro tra magistratura e politica si raggiunge il 11 novembre 1994 quando il pool spedisce all’allora premier Silvio Berlusconi un avviso di garanzia mentre presiede a Napoli un vertice sulla criminalita’. ‘Mani Pulite’ di fatto finisce nel 1999 quando Borrelli viene nominato, su sua richiesta, procuratore generale di Milano, un ruolo di grande rilievo ma di minore visibilita’. Il 12 gennaio del 2002, al passo d’addio prima della pensione a 72 anni, Borrelli chiude la sua relazione inaugurale dell’anno giudiziario con queste parole: “Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volonta’ generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo estremo baluardo della questione morale e’ dovere della collettivita’ ‘resistere, resistere, resistere’ come su un’irrinunciabile linea del Piave'”. In un’intervista del 2011, Borrelli disse: “Chiedo scusa per il disastro seguito a Mani Pulite, non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente con quello attuale”. Nel 2006, dopo lo scandalo che coinvolse il calcio italiano, era stato messo a capo dell’ufficio indagini della Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio) che lascio’ l’anno successivo per essere poi nominato Presidente del Conservatorio di Milano. Finche’ le forze l’hanno sostenuto, prima della malattia che l’ha costretto a vita privata, non ha mai perso una ‘prima’ alla Scala con commenti sempre sagaci sulla qualita’ delle rappresentazioni. Lascia la moglie e due figli, Federica e Andrea, che prosegue la tradizione in toga della famiglia come giudice civile a Milano.