La crisi di governo innescata dalla Lega potrebbe aprire scenari politici del tutto inaspettati che, rispetto ai mesi precedenti, vedrebbero nuove alleanze e nuove linee strategiche da portare a termine.
Una di queste sarebbe il salario minimo che, nel caso di un ribaltone che porterebbe al governo Pd e M5s – ipotesi che sta prendendo quota negli ultimi giorni -, potrebbe diventare un punto cardine su cui costruire la maggioranza.
Le ‘prove’ di ‘adescamento’ tra le due forze politiche non sono mancate di recente, nonostante un passato per nulla idilliaco, fatto di dichiarazioni al vetriolo da ambo le parti.
Tuttavia, la politica segue logiche ‘contemporanee’ e quello che ieri era il nemico oggi potrebbe essere un alleato. Tra M5s e Pd, su determinati temi, tra cui il salario minimo, l’intesa risale a prima ancora della nascita del governo gialloverde.
Nell’ultima campagna elettorale delle politiche prima del voto di marzo 2018, fu Maurizio Martina, all’epoca segretario reggente del Partito Democratico, a presentare tre proposte programmatiche alla base di un possibile accordo Pd-M5s:
- allargare il reddito di inclusione per azzerare la povertà assoluta in tre anni e potenziare le azioni contro la povertà educativa;
- introdurre l’assegno universale per le famiglie con figli, la carta dei servizi per l’infanzia e nuovi strumenti di welfare a favore dell’occupazione femminile, per ridurre le diseguaglianze e sostenere il reddito dei ceti medi;
- introdurre il salario minimo legale, combattere il dumping salariale dei contratti pirata, anche valorizzando il Patto per la Fabbrica promosso dalle parti sociali. Tagliare ancora il carico fiscale sul costo del lavoro a tempo indeterminato per favorire assunzioni stabili con priorità a donne e giovani, norme per la parità di retribuzione dei generi.
Per quel che riguarda il provvedimento del salario minimo, sulla carta, il M5S ha molte più affinità con il Pd che con gli ex alleati della Lega. Non è un mistero che il Carroccio non sia mai stato del tutto convinto della misura.
La proposta pentastellata di fissare a 9 euro lordi le retribuzioni minime orarie, fino a pochi giorni fa, ha diviso la maggioranza gialloverde in quanto la Lega ha sempre preferito l’idea di provare a tagliare le tasse alle imprese per migliorare le condizioni lavorative, piuttosto che impiegare risorse per il salario minimo.
Tuttavia, a oggi, resta da capire come evolverà la crisi di governo: se si andrà alle urne ad autunno inoltrato, con l’incognita della Legge di Bilancio da approvare entro fine anno, oppure se nascerà un nuovo esecutivo. E se fosse quello targato M5s-Pd, non mancherebbero dei punti comuni su cui costruire un’agenda, così come, dall’altra parte, motivi di scontro e profonde differenze di vedute.
Una su tutti la Tav per la cui costruzione il Pd si è sempre battuto, mentre il M5S si è sempre messo di traverso.
Abbiamo parlato fin qui di scenari politici inaspettati ma non ci manca modo di scrivere di fantapolitica o, se vogliamo, di depistaggi.
Circolano voci, ai piani alti del Nazareno, sede storica del Partito Democratico, secondo cui ci sarebbe un patto segreto per un nuovo esecutivo tra Movimento 5 Stelle e Lega. Il secondo Governo del Cambiamento però sarebbe composto diversamente.
Stanno cercando di rimettersi insieme avrebbero raccontato fonti del PD a ‘La Stampa’. E questa volta Giuseppe Conte non sarebbe più il presidente del Consiglio, ma verrebbe designato alla carica di commissario europeo. A diventare premier nel nuovo esecutivo, secondo i dem, sarebbe il capo politico del M5S, Luigi Di Maio, con Matteo Salvini vice, confermato alla poltrona del Ministero dell’Interno.
Ma, riporta ‘La Stampa’, lo scenario proposto dal PD potrebbe essere un diversivo per spostare l’attenzione dei giornali, e una risposta all’attacco del segretario della Lega. Matteo Salvini, su Facebook, ha dichiarato ieri: ‘Sventeremo con ogni mezzo possibile un nuovo sciagurato patto della mangiatoia e dell’invasione. Farò tutto quello che è umanamente e democraticamente possibile perché Matteo Renzi e Maria Elena Boschi non governino più’.