Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito a porte chiuse per discutere formalmente la situazione del Kashmir per la prima volta dal 1971, senza raggiungere peraltro alcun consenso neanche su un semplice comunicato stampa – il livello più basso di accordo, come ricorda il sito della Cnn. Secondo fonti diplomatiche i Paesi membri non hanno trovato un’intesa sulla formulazione del comunicato, temendo che potesse contribuire ad esacerbare ulteriormente le tensioni fra India e Pakistan: “La priorità va al dialogo bilaterale” fra Nuova Delhi e Islamabad.
Alla vigilia della riunione il premier pachistano Imran Khan ha avuto un colloquio telefonico con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump: il ministro degli Esteri pachistano Shah Mehmood Qureshi ha precisato in una breve conferenza stampa che i due dirigenti hanno discusso sulla “situazione nella regione ed in particolare nel Kashmir”. Il governo di Nuova Delhi ha fatto ricorso al lockdown della regione, revocandone lo statuto speciale di autonomia e provocando di fatto una crisi diplomatica con il Pakistan, giustificandosi con la necessità della lotta contro il terrorismo e la corruzione.
India e Pakistan, potenze nucleari, hanno combattuto tre guerre dal 1947, due delle quali per l’annessione del Kashmir, territorio sul quale entrambi Paesi reclamano la piena sovranità e che è attualmente diviso da una “Linea di Controllo” tracciata dalle Nazioni Unite al termine dell’ultimo conflitto. Dal 1989 fino ad oggi Nuova Delhi ha mantenuto nella regione himalayana una media di un milione di uomini, parte dei quali destinati alla lotta contro i numerosi gruppi estremisti islamici kashmiri, indipendentisti o favorevoli ad un’annessione al Pakistan; gruppi che, secondo l’India, sarebbero in passato stati addestrati e finanziati dal Pakistan e che avrebbero avuto le proprie basi nel territorio di Islamabad, accusa sempre respinta dalle autorità pachistane.