Quello che mi spinge a lasciare è la mancanza di una visione sul futuro”, così Matteo Renzi spiega in un’intervista a “Repubblica” la sua decisione di lasciare il Partito Democratico.
L’ex premier, che nella giornata di ieri aveva anticipato l’annuncio con una telefonata al premier Giuseppe Conte per assicurargli “pieno sostegno al governo”, ha dichiarato che “i gruppi parlamentari nasceranno già questa settimana”, e i parlamentari che vi aderiranno saranno una trentina. Sarà “un bene per tutti“, spiega Renzi, perché “Zingaretti non avrà più l’alibi di dire che non controlla i gruppi del Pd perché saranno ‘derenzizzati’”. Inoltre per il governo “probabilmente si allargherà il consenso parlamentare, l’ho detto anche a Conte”.
L’ex premier non ha rivelato il nome del nuovo partito, ma spiega che “Non sarà un partito tradizionale, sarà una casa. E sarà femminista con molte donne di livello alla guida. Teresa Bellanova sarà il capo delegazione nel governo”. Il nuovo partito, ha annunciato, ” non si candiderà né alle regionali né alle comunali almeno per un anno”. “La prima elezione cui ci presenteremo saranno le politiche, sperando che siano nel 2023. E poi le Europee del 2024. Abbiamo tempo e fiato”.
Parlando del nuovo governo, Renzi ha affermato che “Il Conte bis è un miracolo. Aver mandato a casa Salvini resterà nel mio curriculum come una delle cose di cui vado più fiero”. La scissione non mina il futuro dell’esecutivo giallo-rosso: uscire adesso, ha spiegato Renzi, “significa partire con chiarezza, stabilizzarlo. Non chiedo nulla. A Zingaretti lasciamo la maggioranza dei parlamentari”.
“Abbiamo fatto un capolavoro tattico mettendo in minoranza Salvini con gli strumenti della democrazia parlamentare – ha spiegato Renzi -. Ma il populismo cattivo che esprime non è battuto e va sconfitto nella società. E credo che le liturgie di un Pd organizzato scientificamente in correnti e impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo non funzionino più”.
Renzi ha affermato di essere sempre stato “trattato come un intruso” nel Pd, e che “quello che mi spinge a lasciare è la mancanza di una visione sul futuro”. E che ci sia spazio per “una cosa nuova. Che non è di centro o di sinistra ma che occupa lo spazio meno utilizzato dalla politica italiana: lo spazio del futuro”.
L’ex premier ha spiegato che il Pd è nato come un “partito all’americana, capace di riconoscersi in un leader carismatico e fondato sulle primarie. Chi ha tentato di interpretare questo ruolo è stato sconfitto dal fuoco amico. Oggi il Pd è un insieme di correnti” e “temo che non sarà in grado da solo di rispondere alle aggressioni di Salvini e alla difficile convivenza con i cinquestelle”.
Su quelli che alla fine saranno i numeri in Parlamento il pallottoliere è in costante aggiornamento. Alla Camera dovrebbero essere “più di 20 deputati” (numero minimo, da regolamento) a comporre il nuovo gruppo. “Più di 15 – racconta chi sta lavorando al dossier – verranno dal Pd, gli altri si aggregheranno dal Misto o da FI”. Al Senato, per regolamento, non si possono fare nuovi gruppi, ma a traslocare nel Misto insieme a Renzi ci sarebbero una decina di parlamentari tra i quali Bonifazi, Faraone, Cerno, Bellanova, Comincini, Ginetti e Mauro Marino.
Parlare di separazione consensuale non ha senso, dice Enrico Letta. Francamente mi sembra difficile spiegarlo agli italiani, e siccome Renzi è intelligente lo sa benissimo. Fare la scissione non ha senso logico. Anche Liberi e Uguali attende alla finestra le mosse dell’ex premier.