Più di sette milioni di elettori tunisini nella giornata di oggi si recheranno alle urne per eleggere il secondo parlamento del Paese dopo la rivolta dei Gelsomini che ha portato alla caduta nel 2011 di Zine El-Abidine Ben Ali scomparso lo scorso 19 settembre nel suo esilio saudita a Gedda. Una tornata elettorale caratterizzata da un numero elevatissimo di candidati: sono oltre 15.000 per 217 seggi del parlamento e concorrono in 33 circoscrizioni elettorali. Le liste sono 1.592, 642 delle quali “indipendenti”, 200 in più rispetto alle elezioni del 2014. A sfidarsi su tutto il territorio nazionale con candidati in tutte le circoscrizioni, sono solo 10 partiti politici. La vittoria finale potrebbe essere una partita ristretta tra il partito Ennahda, movimento islamico nella coalizione dell’attuale governo che ha 68 deputati nell’attuale parlamento. A seguire il movimento “Viva la Tunisia”, dell’attuale premier Yussuf el Shaahed che conta su 43 deputati. Le altre formazioni sono: “Appello Tunisia”, che ha 26 deputati; la “Corrente Democratica”, movimento di centro destra con 3 deputati. Poi il Movimento nazionalista “Il Popolo” ed il liberale “Orizzonti Tunisia”. Sotto i riflettori c’è anche “Il Cuore della Tunisia”, partito fondato di recente da Nabil Karoui, che con il 15,6 delle preferenze al primo turno della presidenziali sfiderà nel ballottaggio di domenica prossima Qais Saeed, giurista indipendente che ha conquistato il primo posto con oltre il 18% dei voti alle presidenziali. Il risultati del voto saranno resi noti il prossimo 10 ottobre.
E intanto cresce la tensione in vista del turno di ballottaggio delle presidenziali in calendario il 13 ottobre. Uno dei due candidati vincitore del primo turno, l’uomo d’affari Nabil Karoui, è ancora in carcere e non si sa se potrà partecipare personalmente ai comizi. Sfiderà il docente universitario conservatore Kais Saied.
“E’ una situazione anomala avere un candidato eletto ancora in prigione. L’istanza elettorale deve trovare una soluzione, e deve farlo molto presto”, ha detto Oussama Khlifi, esponente del comitato politico del partito Qalb Toune’s (“Al cuore della Tunisia). I vertici del partito chiedono la scarcerazione immediata del candidato oppure un rinvio del voto se il proprio leader dovesse rimanere in prigione. La direzione dell’istanza elettorale (Isie) ha sollecitato più volte la scarcerazione di Karoui, ma finora senza esito positivo ed ha riconfermato la data del 13 ottobre come definitiva, sottolineando che “il processo elettorale non può essere rimesso in discussione”. Inoltre ha fatto notare che “il carcere non ha impedito a Karoui di qualificarsi al primo turno”.
L’Italia osserva da vicino le elezioni in Tunisia per il delicato tema dei migranti. “L’aumento degli sbarchi è dovuto soprattutto alla situazione politica in Tunisia, perché la maggior parte di quelli che arrivano sono tunisini” o fanno scalo nel Paese africano, ha detto alcuni giorni fa il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese. Nel mese di settembre di quest’anno “gli sbarchi autonomi, per lo più dalla Tunisia, sono più che raddoppiati rispetto ai 701 del settembre dell’anno scorso”, ha ripetuto il numero uno del Viminale. “Sono dati che vanno contestualizzati – ha spiegato il ministro – e che sono riconducibili a diversi fattori, non ultima proprio la situazione politica in Tunisia”. Roma aspetta, dunque, il risultato elettorale per comprendere meglio il nuovo quadro politico che si andrà a costruire in Tunisia per poi poter affrontare ‘politicamente’ il drammatico problema dell’immigrazione.