Il presidente della compagnia petrolifera statale brasiliana Petrobras, Roberto Castello Branco, ha affermato che la societa’ ha gia’ raccolto oltre 133 tonnellate di rifiuti contaminati dalle chiazze di petrolio greggio di origine sconosciuta che da circa un mese hanno iniziato a depositarsi sulle spiagge della regione nord-orientale del paese. Finora il petrolio ha raggiunto 132 localita’ in 61 municipi in 9 diversi stati (Alagoas, Bahia, Ceara’, Maranhao, Paraiba, Pernambuco, Piaui’, Rio Grande do Norte e Sergipe). Nel corso di un’audizione pubblica presso il Comitato di supervisione e controllo finanziario della Camera dei deputati, il presidente di Petrobras ha ripercorso tutte le fasi delle operazioni di bonifica e delle indagini per risalire all’origine delle perdite di greggio.
“I nostri laboratori hanno analizzato 23 campioni e nessuno di essi puo’ dirsi prodotto o venduto dalla Petrobras”, ha affermato Castello Branco, aggiungendo che, su richiesta di Ibama, la compagnia ha mobilitato 655 professionisti e anche attrezzature per cercare di ridurre al minimo l’impatto ambientale. Agenti comunitari e residenti delle aree colpite sono stati addestrati e assunti dalla compagnia petrolifera per collaborare ai lavori contenimento dei danni ambientali. “Finora, stiamo assistendo a un fenomeno molto strano e, purtroppo, non ci sono elementi per affermare che le perdite stiano diminuendo. E’ un disastro davvero molto preoccupante per tutti noi”, ha aggiunto il presidente di Petrobras. “Circa 140 navi hanno viaggiato attraverso quella regione. Potrebbe trattarsi di un’azione criminale, potrebbe essere una perdita accidentale, potrebbe anche provenire da una nave affondata”, ha affermato Castello Branco. Tuttavia il presidente di Petrobras sottolinea potrebbe esserci una svolta nelle indagini “abbiamo sul radar un paese che potrebbe essere la fonte di petrolio”.
Poco prima il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, ha dichiarato di avere il sospetto che le chiazze di petrolio che stanno inquinando le spiagge del nordest del paese da oltre un mese siano il risultato di un’azione criminale. Il capo dello stato ha parlato ai giornalisti all’uscita del palazzo presidenziale al termine di un incontro convocato sul tema con il ministro dell’Ambiente, Ricardo Salles, per cercare una soluzione alla crisi sempre piu’ ampia. “Il volume di petrolio che arriva sulle spiagge non e’ costante. Se provenisse da una nave affondata, per esempio, il petrolio starebbe ancora uscendo. Sembra invece che qualcosa sia stato scaricato li'”, ha detto il presidente. Bolsonaro ha anche avanzato sospetti affermando di avere “un paese nel radar”, ma di non poter riferire quale. “E’ riservato, non posso accusare un paese. Non voglio creare problemi con altri paesi”, ha risposto ai giornalisti che lo incalzavano. Le indagini sul caso sono condotte dalla polizia federale, dal ministero della Difesa, dall’Ibama e dall’Istituto Chico Mendes per la conservazione della biodiversita’ (Icmbio). Tuttavia non ci sono al momento sviluppi in merito.
La crisi ambientale, intanto, peggiora. Lunedi’, 7 ottobre, il governo dello stato brasiliano di Sergipe ha dichiarato lo stato di emergenza a causa dell’aumento dei danni ambientali causati dalle chiazze di petrolio di origine sconosciuta che da circa un mese hanno iniziato a depositarsi sulle spiagge della regione nord-orientale del paese. Nello stato di Sergipe, uno degli ultimi a essere investito dai residui di petrolio, le prime chiazze sono apparse il 24 settembre, venti giorni dopo i primi avvistamenti. “La preoccupazione nasce dal fatto che la situazione sta peggiorando e che stanno aumentando continuamente i punti dove si depositano le chiazze, il che significa che il governo deve definire un nuovo piano di azioni”, spiega il governo di Sergipe.
Lo scorso venerdi’, 4 ottobre, l’Ibama ha presentato il bilancio della crisi ambientale, rendendo noto che le chiazze di petrolio greggio hanno raggiunto anche lo stato di Bahia, il nono dopo Alagoas, Ceara’, Maranhao, Paraiba, Pernambuco, Piaui’, Rio Grande do Norte e Sergipe. Le informazioni sono state confermate anche dalla Marina brasiliana e dalla Organizzazione non governativa (Ong) Projeto Tamar, che lavora per preservare le specie marine in pericolo di estinzione nella regione.