Nasce un nuovo rapporto di lavoro: la super co.co.co.

La collaborazione etero-organizzata assicura tutte le tutele tipiche del lavoro dipendente, escluse quelle dell’articolo 18. E non solo per i riders. Non è cosa da poco, perché, in tempi dominati dall’incertezza, questo strumento promette di essere molto apprezzato dalle imprese. Ma sarà solo la prassi a dimostrare se potrà prendere piede.

Eterogenesi dei fini: l’obiettivo era dare una tutela ai riders, i ciclofattorini, il risultato finale è stato l’invenzione di un nuovo genere di rapporto di lavoro, la collaborazione coordinata e continuativa etero-organizzata, alla quale sono garantite tutte le tutele del lavoro dipendente, ad esclusione dell’articolo 18. E non è cosa da poco, perché si viene a creare in questo modo uno strumento innovativo che, in tempi dominati dall’incertezza come il presente, promette di essere molto apprezzato dalle imprese, che potranno così utilizzare un lavoratore senza l’angoscia di non potersene più liberare in caso di mutamento delle richieste del mercato.

Il decreto legge salva imprese, approvato dal senato con voto di fiducia e ora in attesa di conversione da parte della camera, finisce infatti per creare, in modo non si sa quanto consapevole, una nuova categoria di lavoratori, che potremmo chiamare co.co.co. etero-organizzati, un ibrido tra quella del lavoro dipendente e della co.co.co. tradizionale. In effetti il comunicato stampa del ministero del lavoro del 4 ottobre precisava che «il decreto crisi in discussione al senato, prevede per i ciclofattorini impiegati in maniera continuativa le tutele del lavoro subordinato». Si tratta dello stesso principio fissato, qualche mese prima, dalla sentenza della Corte d’appello di Torino, la più importante decisione finora intervenuta a disciplinare il rapporto di lavoro dei riders.

Ma se per i ciclofattorini, a determinate condizioni, si definisce questa particolare tipologia di collaborazione, è difficile impedire che la stessa categoria venga utilizzata anche nei confronti di altri lavoratori, in presenza delle identiche condizioni. Probabilmente senza rendersene conto, il decreto crisi ha riaperto, anzi spalancato la porta alle co.co.co., fino a ieri limitata a categorie precise di attività (professionisti iscritti in albo, partecipazione a collegi e commissioni, amministratori, sindaci e revisori e pochi altri). Di fatto si vengono ora a configurare tre possibili tipologie di rapporto di lavoro: dipendente, co.co.co. tradizionale e co.co.co etero-organizzata. Quest’ultima caratterizzata dalla mancanza di un potere gerarchico-disciplinare-direttivo del committente e dalla presenza di una prestazione prevalentemente (non più «esclusivamente») personale: per il resto, cioè per tutto ciò che riguarda le regole fiscali e contributive, gli assegni familiari, le indennità di malattia e maternità, i congedi parentali, le indennità di disoccupazione e di fine lavoro, così come la durata dell’orario di lavoro e la disciplina delle ferie, si applica anche alle co.co.co. etero-organizzate la disciplina del contratto di lavoro subordinato corrispondente all’attività esercitata. Ma non si applicano le regole sui licenziamenti, distinguendo così il rapporto di collaborazione dal contratto a tempo indeterminato. Non c’è dubbio che in moltissimi casi, soprattutto nelle nuove professioni legate al digitale, ci siano le condizioni per applicare questa nuova tipologia di rapporto di lavoro.

La lettera del decreto legge salva imprese, così come la storica sentenza della Corte d’appello di Torino, non sembrano lasciare dubbi sul fatto che le imprese possano in moltissimi casi stipulare un contratto di collaborazione con tutte le garanzie previste dai corrispondenti contratti di lavoro e mantenersi le mani libere sulla possibilità di interromperlo in caso di necessità. Anche se, per la verità, l’orientamento ministeriale, finora focalizzato esclusivamente sulla tutela dei ciclofattorini, non sembra vada esattamente in questa direzione. Sarà quindi solo la prassi a dimostrare se la collaborazione etero-organizzata potrà prendere piede e diffondersi a macchia d’olio oppure se la resistenza degli apparati burocratici riuscirà a mettere un freno a quello che si presenta come un’interessante opportunità per la creazione di molti nuovi posti di lavoro.

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