C’è grande attesa per il vertice a Palazzo Chigi tra il premier Conte e l’ArcelorMittal. Il presidente del Consiglio incontrerà i dirigenti della multinazionale franco-indiana con l’obiettivo di trovare una soluzione per l’ex Ilva.
Alla riunione partecipano il premier Giuseppe Conte, i ministri Stefano Patuanelli, Roberto Gualtieri, Giuseppe Luciano Provenzano, Roberto Speranza, Teresa Bellanova e il sottosegretario Mario Turco. Per ArcelorMittal sono presenti il patron Lakshmi Mittal e il figlio Adyta Mittal. Alla riunione non partecipa l’ad di Arcelor Mittal Italia Lucia Morselli.
Sono fiducioso: la linea del governo è che gli accordi contrattuali vanno rispettati e in questo caso riteniamo non ci siano giustificazioni per sottrarsi. Ci confronteremo e il governo è disponibile a fare tutto il possibile per fare in modo che da parte della controparte ci sia il rispetto degli impegni”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a margine della sua visita al Dipartimento nazionale della Protezione Civile a Roma in merito all’incontro a Palazzo Chigi con i vertici di Arcelor Mittal.
”Vedremo che cosa ci dirà l’azienda, posso dire che la posizione di Italia Viva è che i patti si rispettano. Nessuno a partire dall’impresa deve permettersi di mettere in discussione un progetto di risanamento ambientale e di rilancio industriale come quello che prevede l’attività nello stabilimento di Taranto, di Genova e di Novi Ligure”, ha detto la ministra Teresa Bellanova e capo delegazione Iv al Governo, a margine di un incontro alle Politiche Agricole.
Le ultime indiscrezioni parlano di un possibile ritorno dello scudo penale non solo per la sede di Taranto. In cambio, però, il governo chiede l’eliminazione degli esuberi in caso di acquisto. Ma l’azienda prepara il contrattacco.
ArcelorMittal non sembra avere intenzione di fare un passo indietro. In un incontro avuto ieri con i sindacati, l’ad Lucia Morselli ha ribadito la propria intenzione di rescindere il contratto anche in caso di una reintroduzione dello scudo fiscale. All’azienda franco-indiana non è piaciuto il comportamento tenuto dalla maggioranza giallo-rossa e in particolare dal M5s che sin dall’inizio ha dichiarato ‘guerra’ ad ArcelorMittal. Ma prima di prendere una decisione definitiva la multinazionale vuole ascoltare le motivazioni del governo italiano e del ministro Patuanelli, che dal canto suo ha ribadito il pugno duro nei confronti della società. Per questo non bisogna escludere l’inserimento di alcune tutele ma non di un vero e proprio scudo fiscale.
Renzi al lavoro per trovare una soluzione In attesa dell’incontro a Palazzo Chigi, il governo è al lavoro per trovare un’altra soluzione. Tavoli separati nella maggioranza visto che Italia Viva ha preso le distanze dal M5s. Il partito di Renzi si è detto pronto a votare in Aula, come il Centrodestra, il ritorno dello scudo penale anche se secondo il leader non è solo questo il problema. E l’ex premier è al lavoro per una cordata pronta ad acquistare immediatamente lo stabilimento e nelle prossime ore potrebbe portare in Tribunale ArcelorMittal.
“Il caso Ilva ci mette di nuovo all’angolo fra tutti i paesi europei. Nessuno più si fida di noi: la nostra politica industriale, abbandonati i positivi disegni del 4.0, si riduce a cercare di salvare, senza però applicarvi le necessarie cure, un giorno l’Alitalia, e, il giorno dopo, la Whirlpool o l’Ilva”. A lanciare l’allarme sul caso ex Ilva è Romano Prodi dalle colonne de il ‘Messaggero’.
Conoscendo le ferree regole delle imprese multinazionali, – scrive Prodi – nessuno può pensare che un’azienda sopporti una perdita enormemente superiore a quella dei suoi altri impianti se non vi è la prospettiva che vi si ponga rimedio in un prevedibile periodo di tempo. La via del compromesso rimane quindi l’unica possibile, anche se ormai assai difficile da mettere in atto e, probabilmente, molto costosa. Un compromesso che prepari però una nuova politica industriale per l’intero paese e che ponga fine al caos delle nostre norme e delle loro applicazioni nel campo politico, industriale, ambientale e giudiziario.
L’azienda, intanto, ha avviato le procedure per ‘restituire’ 10.777 dipendenti. L’annuncio ha fatto partite lo sciopero immediato a Taranto. ‘A rischio 4mila posti di lavoro’, dice Bentivogli della Fim. Entro qualche giorno il Tribunale di Milano dovrà assegnare a un giudice la causa intentata da ArcelorMittal per recedere dal contratto di affitto dello stabilimento di Taranto.
ArcerlorMittal ha comunicato formalmente ai sindacati e alle aziende collegate la retrocessione alle società Ilva dei rispettivi rami d’azienda unitamente al trasferimento dei dipendenti (10.777 unità) ai sensi dell’articolo 47 della legge 428 del 1990. La comunicazione segue l’annuncio di cessazione del contratto per l’ex Ilva di Taranto. La comunicazione, che di fatto segna l’avvio della procedura per il disimpegno, riguarda tutta Italia: oltre a Taranto anche Genova, Novi Ligure, Milano, Racconigi, Paderno, Legnano, Marghera.
Nel documento di retrocessione ad Ilva delle aziende e dei 10777 dipendenti spiega che il recesso del contratto deriva dall’eliminazione della protezione legale. La Protezione legale – si osserva – costituiva un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all’operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal Contratto.
Dopo l’avvio della procedura di cessione comunicata da ArcelorMittal, la Fim-Cisl proclama lo sciopero dalle ore 15 di oggi a partire dallo stabilimento ex Ilva di Taranto. Lo fa sapere il segretario generale, Marco Bentivogli.
“La questione non è scudo penale sì, scudo penale no. Tutti conoscono le difficoltà del mercato dell’acciaio, quello italiano credo che non sarà per molti anni competitivo. Loro se ne sono resi conto e hanno capito che forse non vale la pena fare questi investimenti. Cercano il pretesto. Il governo chieda le vere intenzioni”. Lo afferma il segretario generale della Uilm di Taranto Antonio Talò. “Io credo – prosegue – che abbiano già deciso di andare via”.
E’ in corso davanti alla direzione dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal (ex Ilva) di Taranto un sit-in di lavoratori e sindacati deciso dal consiglio di fabbrica permanente di Fim, Fiom e Uilm dopo l’annunciato disimpegno della multinazionale franco-indiana. Si attendono sviluppi dall’incontro tra governo e azienda, previsto in mattinata, convocato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Oggi, secondo quanto comunicato ieri pomeriggio dall’Ad Lucia Morselli nel confronto con le organizzazioni sindacali, ArcelorMittal avvierà la procedura ex art.47 della legge 228 del 1990 di retrocessione dei rami d’azienda con la restituzione degli impianti e dei lavoratori ad Ilva in Amministrazione straordinaria. Ogni azione di mobilitazione, hanno sottolineato Fim, Fiom e Uilm, “sarà comunicata ed adottata già dalle prossime ore, se necessaria ad evitare ricadute imprevedibili dettate dall’incapacità ed incoscienza di soggetti deputati a decidere sul futuro di una intera collettività che ha pagato e sta pagando un prezzo fin troppo elevato”.
Ci vorrà qualche giorno prima che la Sezione specializzata imprese del Tribunale di Milano assegni ad un giudice, con fissazione poi della data d’udienza, la causa intentata con un atto di citazione da ArcelorMittal che chiede di recedere dal contratto di affitto dell’ex Ilva di Taranto. In media, da quanto si è saputo, ci vogliono una decina di giorni per iscrivere a ruolo la causa e trasmetterla alla Sezione che poi l’assegna ad un giudice. In questo caso, però, data la rilevanza, i tempi potrebbero essere più brevi.