Un nuovo mandato di arresto pende sulla testa di Giancarlo Tulliani, sempre per l’accusa di riciclaggio, contestata in concorso con il padre Sergio, la sorella Elisabetta e il cognato Gianfranco Fini. Dopo che il 17 aprile è entrato in vigore il trattato di cooperazione tra Italia ed Emirati Arabi, in materia di estradizione e mutua assistenza giudiziaria in ambito penale, la Procura di Roma – attraverso l’Interpol – ha spiccato un secondo mandato di cattura internazionale nei confronti del cognato dell’ex presidente della Camera, che da ormai tre anni risiede a Dubai, scrive il Tempo.
Quindi, se le forze dell’ordine degli Emirati dovessero rintracciare Tulliani, potrebbero rispedirlo nel nostro Paese. A ottobre 2018, infatti, il Senato ha dato il via libera alla ratifica del trattato di collaborazione giudiziaria tra i due Stati, che è stato firmato lo scorso marzo tra l’ambasciatore d’Italia Liborio Stelino e il ministro per gli Affari esteri degli Emirati Arabi, ed diventato operativo il mese successivo. Intanto ieri nell’udienza del dibattimento davanti alla quarta sezione collegiale del tribunale di Roma, che vede imputati il re delle slot machines Francesco Corallo, Gianfranco Fini e i Tulliani (padre e figli), un ex tesserato di Alleanza Nazionale ha chiesto di costituirsi parte civile nel processo, ritenendo di essere stato danneggiato da come l’ex leader di An gestì la vendita della famosa casa di Montecarlo. Lasciato nel 1999 in eredità al partito dalla contessa Colleoni, l’appartamento nel 2008 venne infatti ceduto da Fini per 300mila euro a delle società offshore riconducibili a Elisabetta e Giancarlo Tulliani, che poi lo rivendettero nel 2015 a un milione e 360mila euro.